I mercati finanziari realizzano performance positive, ma l’Italia che produce è in stallo.
Nell’ultimo periodo stiamo assistendo ad un nuovo scollamento tra i dati che arrivano dall’economia reale e quelli della finanza. Alcune testate nazionali hanno recentemente sottolineato come le borse di tutto il mondo siano in rialzo: secondo i dati di mercoledì 12 febbraio, Piazza Affari ha chiuso in rialzo dello 0,7% tornando quindi ai massimi da ottobre 2008, cioè il mese successivo al crack della Lehman Brothers. Anche lo spread torna ai livelli di quasi due anni fa, scendendo a quota 129 punti. Le borse americane, asiatiche ed europee seguono questo trend positivo: Dow Jones ha chiuso in rialzo a 0,6%, Tokyo a 0,74%, Londra a 0,5%, Parigi a 0,55% e Francoforte a 0,86%. E questo nonostante la paura globale per la diffusione del Coronavirus che ha portato General Motors a sospendere provvisoriamente le attività in Corea del Sud per mancanza di componenti prodotti in Cina.
Non dobbiamo quindi preoccuparci più di tanto? Le economie mondali sono salde? Le cose non stanno esattamente così. In tutta l’Eurozona si è registrata una importante flessione della produzione industriale a dicembre che ha coinvolto anche il nostro paese. L’Italia infatti ha conosciuto un calo del 2,7% rispetto a novembre e del 4,3% su base annua. Si sono verificate diminuzioni congiunturali in tutti i comparti: beni intermedi (-2,8%), energia e beni di consumo (-2,5%) e beni strumentali (-2,3%).
Previsioni di crescita del PIL: Italia ultima in Europa
C’è da domandarsi se dunque siamo in una bolla, dove i bollettini finanziari vanno a gonfie vele e l’economia reale sprofonda. Un interrogativo da non sottovalutare soprattutto se si considerano le ultime previsioni di crescita che non sono affatto positive, sia in assoluto che in confronto agli altri stati europei. La Commissione Europea infatti ha appena rilasciato le ultime stime sulla crescita basate principalmente sul PIL e l’Italia si conferma ultima della classe con una previsione di crescita dello 0,3% contro l’1,1% della Francia, i cui scioperi stanno rallentando l’economia, e l’1,1% della Germania, il cui settore automotive sta conoscendo una battuta d’arresto. La media europea? 1,4%.
La Commissione Europea individua quale causa principale delle difficoltà di crescita del PIL italiano la mancanza di riforme strutturali. I prossimi passi dell’agenda di governo vanno incontro a questo bisogno? Tutt’altro, troppi i tavoli aperti e su cui sembrano mancare vedute lungimiranti all’orizzonte: il dossier ex Ilva, fermo da mesi ormai, la questione Alitalia, la necessità di una riforma fiscale, la semplificazione burocratica, giusto per citarne alcuni. Senza dimenticare la riforma del ministro Bonafede che vuole bloccare la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, lasciando dunque l’imputato in balia delle lungaggini della giustizia italiana. Insomma, un sistema paese che necessiterebbe di una cura dimagrante, uno snellimento burocratico e una iniezione di fiducia. L’unica fiducia che regge per ora sembra essere quella degli investitori visti i risultati della borsa, ma non illudiamoci che questo basti per farci stare a galla.
Simone Fausti