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    Germania: crollo fiducia investitori, un problema per la manifattura italiana

    «Peggio del previsto». Con queste parole il presidente dell’Istituto di ricerca Zew, Achim Wambach, ha commentato il crollo della fiducia degli investitori in Germania a febbraio. Fiducia misurata dall’indice Zew che è un indicatore dell’ «economic sentiment» per la Germania e questo mese è sceso di 18 punti rispetto a gennaio: da 26,7 a 8,7 punti. Gli analisti si aspettavano una riduzione ma non così marcata: le previsioni parlavano di una contrazione di circa 5 punti, quindi pari a 21,5.

    Le cause

    Come sempre le ragioni sono molteplici ma una pesa più di tutte: il rallentamento dell’economia globale dovuto alla paura per la diffusione del Coronavirus. Un fattore confermato dallo stesso presidente Wambach: «I temuti effetti negativi dell’epidemia del Coronavirus sul commercio mondiale hanno causato un forte declino dell’indicatore Zew per la Germania. A questo si aggiunge una performance dell’economia tedesca peggiore del previsto tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020. Inoltre le aspettative relative allo sviluppo di quei settori economici incentrati sulle esportazioni sono calate in modo particolarmente marcato».

    Un problema per la manifattura italiana

    Questi dati costituiscono un importante segnale d’allarme anche per la nostra economia la cui sorte è strettamente legata a quella tedesca. La manifattura del nord Italia, in particolar modo, rappresenta uno dei principali fornitori della Germania in tutta una serie di settori in cui storicamente eccelliamo: dalla meccatronica all’automazione industriale, dalla meccanica all’automotive. Questi settori economici in Italia hanno una forte vocazione all’export e una riduzione della domanda da parte dei compratori tedeschi significa un rallentamento economico in madrepatria. D’altra parte i prodotti tedeschi sono fortemente legati ai mercati extra-europei come quello cinese, americano e inglese. Ecco allora che le vicende internazionali degli ultimi mesi concorrono a spiegare perché le previsioni di crescita del Pil del più grande paese europeo si fermano al 1,1% per il 2020: l’incertezza dovuta a Brexit, la pandemia del Coronavirus, le tensioni commerciali Cina-Usa e un settore dell’auto che ancora sta pagando le conseguenze del Dieselgate oltre a necessitare di un ripensamento generale per affrontare la sfida dell’elettrico. Tutti fattori che concorrono alla frenata della manifattura tedesca in atto da mesi e che testimonia uno sviluppo economico piuttosto fragile nell’ultimo periodo per il paese guidato da Angela Merkel.

    Simone Fausti

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