13 indagati e impianto sotto sequestro. Anziché produrre materie prime dalla trasformazione dei rifiuti, l’azienda li rimetteva sul mercato tali e quali.
Montichiari, di nuovo. È una storia che si ripete quella che vede protagonista l’azienda General Rottami S.r.l. che pochi giorni fa è stata posta sotto sequestro per traffico illecito di rifiuti a seguito dell’indagine condotta dalla squadra di Polizia Giudiziaria della Sezione di Polizia Stradale di Brescia e coordinata dalla Procura.
Altro che “end of waste”, nell’impianto di Montichiari che avrebbe dovuto trasformare rottami ed altre tipologie di scarti in materie prime in un’ottica di economia circolare, in realtà i rifiuti venivano rimandati all’esterno tali e quali oltre ad aggiungere ulteriori scarti come terreno contaminato da Pcb o sostanze polverose, ricavandoci un business di tutto rispetto.
Oltre al sequestro dell’impianto e di 15 mezzi di trasporto appartenenti alla ditta, sono indagate 13 persone con l’accusa di attività organizzata per traffico illecito di rifiuti. Legate alla General Rottami risulterebbero anche altre società che gli inquirenti ipotizzano abbiano contribuito agli illeciti.
Un controllo di routine su un camion dell’azienda bresciana è stata la miccia che ha dato il via alla capillare indagine investigativa condotta per un lungo periodo dagli agenti, che ha permesso di portare alla luce il traffico di rifiuti. Determinanti in questa direzione tutti i rilevi effettuati dagli inquirenti, ispezioni, sequestri, perquisizioni e videosorveglianza, che hanno consentito la ricostruzione dell’intera filiera e dimostrato la connessione con altre società di gestione e trattamento di rifiuti speciali, a prova di un vero e proprio sodalizio criminale tra aziende del settore.
Un sistema di finta economia circolare già noto alle Forze dell’Ordine dove il protagonista è una società che si offre sul mercato per il recupero dei rifiuti da diversi conferitori, con la differenza che, al posto di lavorarli trasformandoli in materie prime, li ripropone in vendita ad un successivo utilizzatore risparmiando sui costi a discapito delle norme in merito alla tutela ambientale. In sostanza quello che entra è il medesimo prodotto in uscita, senza aver subito alcuna trasformazione. Fasulla anche la documentazione accompagnatoria, che risulta essere un normale documento di trasporto anziché l’obbligatorio formulario per l’identificazione dei rifiuti. A cui, per la General Rottami, si somma l’aggravante dell’aggiunta di ulteriori rifiuti – il terreno contaminato da Pcb e sostanze polverose – destinati all’utilizzatore finale.
Un quadro inquietante, in considerazione del fatto che la scorsa estate l’azienda aveva ricevuto l’autorizzazione dalla Provincia per estendere la superficie su cui operare e aumentare lo stoccaggio del materiale.
Per la zona di Montichiari il problema dei rifiuti è annoso al punto da esserle valso il bollo di “pattumiera d’Europa”, “merito” delle 11 discariche al cui interno sono stoccati 12 milioni di metri cubi di rifiuti, sorte a partire dal 1986. Una situazione insostenibile arginata in parte da Regione Lombardia con il fattore pressione – criterio per il quale si impedisce la realizzazione di ulteriori discariche e limitare la quantità di rifiuti conferibili in un sito già esistente in un territorio – che ha scongiurato l’apertura di Padana Green, l’impianto che avrebbe dovuto smaltire almeno 1 milione di metri cubi di scorie di provenienza industriale, tra cui amianto e fanghi tossici.
Micol Mulè