La paura della diffusione del coronavirus rischia di bloccare il business di alcune aziende. In questi giorni si è parlato di diverse soluzioni per non interrompere le attività lavorative. L’informatore.info ha intervistato in merito Emmanuele Massagli, presidente di Adapt, un’associazione che promuove studi e ricerche nell’ambito delle relazioni industriali e di lavoro.
Professor Massagli, quali strumenti esistono per tutelare aziende e lavoratori in una situazione emergenziale come questa?
Il sistema è solido ed esistono divere tutele attivabili ma anzitutto bisogna fare una distinzione: quella tra le aziende che si trovano nella zona rossa e quelle che invece fuori ma all’interno di regioni quali Lombardia, Piemonte e Veneto che sono soggette ad un’ordinanza restrittiva.
Cosa succede alle aziende nella zona rossa?
È molto probabile che le imprese nella zona rossa siano impossibilitate a portare avanti le attività perché obbligate alla chiusura a causa della quarantena. In questo caso intervengono diversi strumenti: se l’azienda è medio grande si attiva la cassa integrazione ordinaria per i dipendenti. Per le aziende più piccole invece, come la maggior parte di quelle artigiane, può intervenire il fondo di solidarietà bilaterale o un fondo di solidarietà attivato presso l’INPS.
Quindi anche le aziende più piccole sono tutelate?
Sì e per quelle imprese che non sono in grado di attivare strumenti di sostegno al reddito il ministero ha detto che dovrebbe permettere anche l’utilizzo degli ammortizzatori in deroga, cioè uno strumento sostitutivo della cassa integrazione approvato ad hoc. Stiamo sempre parlando della zona rossa: non si può pensare che le aziende costrette a chiudere paghino i lavoratori chiusi in casa avendo il flusso di introiti interrotto. È qui che entra in gioco l’ammortizzatore: l’azienda smette di pagare lo stipendio e il dipendente non va al lavoro pur percependo un sostitutivo che evita che rimanga senza entrate.
Molte aziende fuori dalla zona rossa stanno ricorrendo allo smart working
In realtà è più corretto parlare di lavoro agile, una novità introdotta con una norma del 2017 e che permette di lavorare in una sede diversa dalla postazione aziendale per alcuni periodi. Il lavoro agile è dunque una modalità con cui le aziende evitano di avere responsabilità nell’esporre i propri lavoratori a un contagio potenziale ed evitano che un eventuale lavoratore infetto entri in azienda. Con questo strumento viene permesso ai dipendenti di eseguire la prestazione lavorativa e mantenere il diritto allo stipendio.
Chi è nella zona rossa è considerato come “in malattia” e chi è al di fuori invece no?
Di fatto dovrebbe essere così: chi lavora nella zona rossa non può uscire per motivi di salute pubblica e quindi va considerato in malattia. Oppure l’azienda potrebbe chiedergli di prendere le ferie, una misura a mio avviso più sconveniente per il lavoratore. Fuori dalla zona rossa invece, nelle regioni sotto ordinanza, le aziende hanno tempo fino al 15 marzo per attivare il lavoro agile in maniera liberalizzata, cioè senza la necessità di stringere un accordo con il lavoratore ma semplicemente dando una comunicazione, secondo quanto previsto dall’ultimo decreto del consiglio dei ministri. Dopo quella data è sempre possibile ricorrere al lavoro agile ma secondo le procedure ordinarie che richiedono più tempo.
Per molte aziende di Milano lo smart working è un’opzione percorribile, mentre chi ha siti produttivi di meno
Ho notizie di aziende milanesi che stanno distribuendo computer ai propri dipendenti per poter lavorare da casa. Per chi produce invece la situazione è diversa ma la verità è un’altra: esclusa la zona rossa, non c’è ragione per chi è coinvolto in processi produttivi per non recarsi al lavoro.
Il nostro sistema quindi è pensato per reggere a situazioni come quella attuale?
Assolutamente sì: abbiamo gli anticorpi per reggere e comunque ci si augura che questa situazione sia temporanea. L’aggiustamento sulla semplificazione nel ricorso al lavoro agile è stato fatto. L’altro aggiustamento necessario è un potenziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per le aziende che si fermano, soprattutto per quelle più piccole non coperte da cassa integrazione ordinaria. La rete di ammortizzatori sociali infatti è pensata proprio per gestire situazioni di temporanea problematicità delle condizioni lavorative.