Abbiamo già parlato del costo per la nostra economia dell’epidemia. Per affrontarla ci sono due vie. Una prevede di chiedere all’Europa, di darci più corda. Il problema è che quella corda finisce in un cappio che è inestricabilmente legato al nostro collo. Si chiama debito. Ed ogni euro ottenuto in questo modo rischia di essere un danno solo rinviato. C’è poi un’altra soluzione. È più complessa ma, come, spesso accade, anche più stabile, duratura e di largo impatto. Ne parliamo con il suo ideatore, il Consigliere Regionale lombardo Gabriele Barucco (FI)
Innanzitutto, cos’è una ZES?
Le ZES sono zone economiche speciali, in cui, per motivi specifici legati al territorio, lo stato riconosce alcune semplificazioni sul piano burocratico, alcune agevolazioni imprenditoriali e qualche taglio di tasse. È una misura che in Italia esiste già, in Puglia ad esempio. È pensata per dare un vantaggio competitivo ad aree che, per mille ragioni, stanno attraversando un periodo più o meno strutturalmente complesso. Come la Lombardia oggi. Questo darebbe un impulso immediato alle nostre aziende, togliendo un carico burocratico difficilmente sopportabile quando le cose vanno bene, letale oggi.
Perché chiedere questo e non direttamente contante, Consigliere Barucco?
Perché siamo una Regione orgogliosa. Possiamo farcela. Davvero, abbiamo le forze, l’ingegno e la volontà per riuscire. Ci basterebbe essere meno tassati, meno costretti, meno oppressi fiscalmente e burocraticamente. E ne potremmo uscire. Magari non a costo del tutto zero, i danni esistono e vanno affrontati subito. Ma possiamo essere ancora una risorsa. Basta che ci venga data fiducia. E le Zes sono questo: fiducia che le mancate entrate saranno coperte dal maggior fatturato, fiducia che le minori regole non porteranno più danni che benefici, fiducia che più futuro a Brescia ed in Lombardia significhi più coesione in Italia ed al Sud. Questo servirà inoltre ad attrarre capitali, non a debito, e quindi strutturalmente migliori. Aiutandoci a tornare attrattivi al resto del mondo, controbilanciando l’inevitabile danno di immagine subito.
Quanto sarà forte il colpo alle nostre imprese?
Do due soli dati: L’incertezza dei mercati finanziari, oltre ad aver bruciato in un solo giorno oltre 30 miliardi in Borsa, rischia di generare un impatto, in particolare sulle piccole e medie imprese, tra lo 0,2% e lo 0,4% del PIL, pari rispettivamente a circa 3,5 – 7 miliardi di euro.
Inoltre, per Confcommercio sono a rischio, tra marzo e maggio, oltre 20 milioni di presenze turistiche, con una riduzione di spesa di 2,65 miliardi. C’è il rischio disdette per le vacanze pasquali, mentre gli stranieri che stanno prenotando le vacanze estive potrebbero evitare l’Italia.
Esiste un’alternativa che includa l’Europa, ma che non ci indebiti ancora di più?
Certo, destinare tutte le risorse residue dei Fondi Strutturali, già destinate alla Lombardia e non spese, per interventi a sostegno delle imprese lombarde, gravemente minacciate nella loro sopravvivenza dagli effetti del Coronavirus (COVID-19). Cioè uscire dalla logica usata finora, per cui a prendere i soldi erano solo i grandi e darvi pieno accesso alle PMI che vogliono vivere e riprendere. In sostanza, non finanziamo chi va già bene, ma il Nord che reagisce!