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    Il pallium Celeste sulla sanità lombarda: oggi più che mai efficace

    Nell’emergenza Coronavirus il sistema regge grazie alle scelte strategiche dello scorso ventennio. Sanità privata in campo con posti letto nelle terapie intensive, reparti dedicati e medici in supporto.

    Pronti già tra i 50 e i 60 posti letto in terapia intensiva, in fase di approntamento la creazione di mini-reparti per i pazienti risultati positivi al Covid 19 e predisposti posti letto nei reparti per accogliere pazienti “ordinari” con patologie differenti dal Coronavirus. Questo è il piano messo a punto da Regione Lombardia che coinvolge le strutture sanitarie private accreditate in sinergia con gli ospedali pubblici, secondo la logica che guida il sistema sanitario lombardo da oltre un ventennio.

    Oggi, nel clou dell’emergenza, il sistema tiene senza contraccolpi ed evidenzia l’utilità strategica di scelte fortemente criticate – con non poche forzature ideologiche – nel corso degli anni. La sanità privata sta mettendo a disposizione i propri spazi senza costi aggiuntivi a carico dei cittadini: “È un utilizzo che avviene attraverso i budget già assegnati alle strutture, non ci sono costi in più per il pubblico: il sistema sta stringendo senza porre la questione del rendiconto economico”, ha spiegato l’Assessore al Welfare Giulio Gallera durante l’incontro a Palazzo Lombardia con i vertici regionali di Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari) e Assolombarda.

    Già da subito sono stati resi disponibili oltre 50 posti letto nelle terapie intensive delle strutture private, sui 160 a disposizione, che vanno a sommarsi ai 140 del pubblico dedicati all’emergenza Covid-19 sulle 500 disponibilità dislocate nell’intera Regione. Non solo posti letto ma anche professionisti, il privato mette in campo i “suoi” medici in supporto alle strutture delle zone più colpite dall’epidemia con venti camici bianchi del San Raffaele e del Gruppo San Donato che hanno raggiunto le zone di Crema, Lodi e Cremona e altrettanti in supporto negli ospedali più congestionati. Una soluzione che potrebbe essere ancora più efficace rispetto al richiamo dei medici in pensione, come ipotizzato nei giorni scorsi. Perché, come spiega padre Virginio Bebber di Aris: “In Lombardia abbiamo 16mila operatori nelle nostre strutture e siamo tutti impegnati al massimo per fornire il nostro contributo, che riteniamo necessario”, sottolineando un altro importante aspetto legato alla collaborazione pubblico-privato: “Abbiamo già rinviato tutte le operazioni non urgenti e attrezzato le nostre strutture per accogliere i malati”.

    Una strategia sinergica che amplierà in maniera consistente la possibilità di ricovero non solo dei contagiati da Covid 19 ma di tutti i pazienti con patologie sanitarie definite ordinarie e che necessitano parimenti di assistenza, garantendo contemporaneamente un servizio dedicato all’emergenza e dei luoghi diversificati di cura – ma con i medesimi standard di eccellenza – consentendo così di mantenere in equilibrio il sistema sanitario regionale.

    Nel piano varato da Regione Lombardia non manca il supporto economico all’emergenza con 40 milioni di euro stanziati, immediatamente disponibili per acquistare 60 ventilatori speciali da impiegare per i pazienti con problematiche respiratorie al di fuori dei reparti di terapia intensiva e per adeguare le sale operatorie in questo momento inutilizzate, oltre allo stanziamento di 10 milioni per l’assunzione di nuovo personale sanitario.

    Al momento attuale tecnici e dirigenti regionali rassicurano circa la tenuta del sistema nel fronteggiare l’emergenza, sarà con ogni probabilità decisiva questa settimana per capire se e come raddrizzare il tiro o se le misure varate siano state adeguate. Quello che rimane certo è che il sistema sanitario lombardo tiene e se può farlo è grazie alla lungimiranza di chi, con la legge n.31 del 11/7/1997, ha introdotto il principio di sussidiarietà nel sistema sanitario, consentendo l’accreditamento di strutture del privato all’interno del servizio sanitario regionale, garantendo così una cooperazione alla pari con le strutture pubbliche. E che, oggi in particolare, mette in luce tutta la sua utilità strategica.

    Micol Mulè

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