Da Regione Lombardia il monito di Sala sulle scuole domestiche: “È negativo e non è in linea con i comportamenti che dobbiamo tenere”.
Chiusura delle scuole, giorno 10. Due settimane in cui una considerevole fetta delle famiglie lombarde si è arrovellata sul quesito multiplo “dove-come-a chi” lasciare i pargoli, specialmente i più piccoli, trovandosi di fronte alla sospensione delle attività didattiche fino al prossimo 3 aprile. Un problema che pesa in termini economici in maniera considerevole per tutti quei nuclei che non possono attingere da ferie e permessi retribuiti o che non possono avvalersi dello smart working né tantomeno dell’aiuto dei nonni, per i quali si rende inevitabile il supporto di tate e baby sitter.
In attesa che il Governo vari il nuovo decreto grazie al quale verranno stanziati aiuti alle famiglie – quali voucher baby sitter e congedi parentali straordinari – c’è chi, animato da spirito di collaborazione, ha pensato di venire incontro alle loro esigenze con iniziative creative.
Succede a Lecco, dove una pensionata 62enne si è resa disponibile come “nonna in prestito” per accudire i bambini della sua zona mentre i genitori sono al lavoro, con tanto di annuncio dalla sua pagina Facebook per amplificare l’iniziativa.
Per quanto l’intenzione sia buona e parta da un principio di solidarietà verso chi in questo momento vive difficoltà oggettive, dietro iniziative come questa si nascondono non pochi rischi di diffusione dei contagi da Coronavirus. A sottolinearlo è stato lo stesso Vicepresidente di Regione Lombardia Fabrizio Sala, non appena appresa la notizia della pratica dei mini asilo all’interno di abitazioni private: “Questo è negativo e non è in linea con i comportamenti che dobbiamo tenere”, ha ribadito. In sostanza, attivare soluzioni di questo tipo sarebbe in netto contrasto con il principio per cui le scuole sono state chiuse, ovvero evitare che i contatti ravvicinati e per lungo tempo tra i bambini possano favorire la diffusione del virus. Sala ha specificato che “può essere fatto con pochissimi bambini e sempre gli stessi, ma se chiudiamo gli asili e poi si riaprono nelle case non va bene”.
Del resto lo stesso primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano si era già espresso sul criterio prudenziale che ha guidato la sospensione delle attività scolastiche: “Ci sono alcune evidenze, ad esempio, di bambini e adolescenti che stanno benissimo, ma hanno l’infezione e trasmettono il virus – ha spiegato – è quindi possibile che le scuole facciano da amplificatore”.
Per lo stesso principio, replicare l’ambiente scolastico a livello domestico avrebbe le stesse potenziali conseguenze. Perciò, in attesa degli aiuti dal Governo alle famiglie, ben venga lo spirito di collaborazione purché guidato da una non meno necessaria prudenza.
Micol Mulè