In apertura dei mercati asiatici il petrolio è crollato del 30%. Il Brent è andato a picco, scendendo nel giro di pochi secondi da 45 a 31,52 dollari al barile, ai minimi da 4 anni. Dopo la rottura con la Russia, l’Arabia Saudita ha tagliato i prezzi di listino per il suo greggio con sorprendente aggressività.
Per le forniture di Aprile di Arab Light, è stato applicato ai clienti europei uno sconto di 8 dollari al barile. Una riduzione così forte non la si vedeva da almeno vent’anni. Questo è stato fatto per tentare di recuperare le quote di mercato perdute.
La spirale ribassista non sarà certo facile da arrestare. In un contesto di estrema debolezza della domanda petrolifera – crollata a causa del coronavirus – gli altri produttori dovranno a loro volta praticare prezzi stracciati, pur di riuscire a piazzare qualche caric.
Bob McNally, di Rapidan Energy Group fa notare che si è determinata una rara combinazione tra un enorme shock negativo sul lato della domanda e uno shock positivo sul lato dell’offerta, verificatosi l’ultima volta nel lontano 1931, periodo della Grande Depressione.
Il prezzo del greggio era infatti sceso a pochi centesimi al barile.
Mosca non ha accettato di avallare i tagli di produzione extra che l’Opec ha cercato di imporle. Nondimeno il ministro russo Alexandr Novak, al termine del vertice di Vienna,
ha dichiarato che non ci saranno più restrizioni a produrre nè per l’Opec nè per i paesi no Opec.
Anche la società statunitense dello shale oil, già in crisi di liquidità, versa in cattive acque.
Di sicuro per qualsiasi produttore di petrolio, comprese le major occidentali, saranno lacrime e sangue.
I consumatori stessi potrebbero risentire negativamente per una guerra dei prezzi. E la prospettiva di una forte deflazione durante un periodo di quasi certa recessione non è delle più rosee.
Andrea Curcio