“L’accordo che questa mattina abbiamo sottoscritto consentirà alle imprese di tutti i settori, attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali e la riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro”, commentano Cgil, Cisl e Uil.
Nell’accordo “è stato previsto il coinvolgimento dei lavoratori e delle loro rappresentanze a livello aziendale o territoriale per garantire una piena ed effettiva tutela della loro salute. Per questo è importante che in tutti i luoghi di lavoro si chieda una piena effettività dell’intesa che è stata raggiunta”.
“Sappiamo che il momento è difficile e sappiamo che i lavoratori e le lavoratrici italiane sapranno agire e contribuire, con la responsabilità che hanno sempre saputo dimostrare, nell’adeguare l’organizzazione aziendale e i ritmi produttivi per garantire la massima sicurezza possibile e la continuazione produttiva essenziale per non fermare il Paese”.
Questo quanto dichiarano i sindacati confederali. Tradotto: si chiude per virus in attesa che i sindacati si dichiarino soddisfatti delle misure prese. Cosa che, inutile nascondercelo, potrebbe non succedere mai. Quindi produzioni ferme e che ripartono, forse, con misure di sicurezza lunari. In un periodo in cui a rimanere aperto era solo chi, eroicamente, teneva in equilibrio tutto.
Come diceva una commercialista Romana qualche giorno fa, un intero sistema industriale è come un altoforno. Può spegnerlo, ma riaccenderlo è possibile solo a patto di ricostruirlo. L’atto di spegnimento, infatti, lo distrugge. Qualcuno vuole spegnere l’impresa Italiana. Sperando di ricostruirla sugli aiuti pubblici. Solo che non siamo la Germania e mezzo trilione di dollari non li abbiamo.
Ora possiamo solo affidarci alla responsabilità dei sindacati per evitare che “qualche giorno di chiusura” si trasformi in “fallimento”.