Mentre il covid-19 si diffonde nel resto del mondo, il governo italiano partorisce un decreto-topolino che ha generato proteste.
Decreto “Cura Italia”: è vero, è il momento di essere solidali. Il problema con la solidarietà è quando si passa dalle parole ai fatti, o al decreto in questo caso, un’operazione in cui il governo sta dimostrando poca competenza. È stato firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il decreto «Cura Italia» dove sono elencati i provvedimenti con cui il governo, tramite lo stanziamento di 25 miliardi di euro, si prende cura di un paese costretto all’immobilità. Un testo che ha fatto alquanto discutere.
Le misure per lavoratori e aziende
Partiamo dal sostegno ai lavoratori e alle aziende. L’obiettivo, esplicitato nel testo approvato, è di evitare che chiunque perda il posto di lavoro a causa dell’emergenza coronavirus. Motivo per cui la cassa integrazione in deroga viene estesa a tutto il territorio nazionale, a tutti i dipendenti di tutti i settori produttivi. I datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività a causa del virus, possono ricorrere alla cassa integrazione guadagni in deroga con la nuova causale “COVID-19” per un massimo di 9 settimane. A prescindere dal numero di dipendenti. Sotto i cinque non è prevista nemmeno la concertazione sindacale.
Ai lavoratori autonomi e alle partite IVA è riconosciuto un indennizzo di 600 euro, esentasse. Una misura che ha conosciuto un processo travagliato: inizialmente si era deciso di erogare tale quota “una tantum”, in seguito si è alzato un coro di proteste che ha portato le autorità a valutare un cambiamento, definendo tale provvedimento su base mensile. Alla fine il decreto ufficiale parla di una misura “una tantum” per il mese di marzo.
Tale indennizzo riguarda solo alcuni soggetti: i professionisti non iscritti agli ordini, co.co.co in gestione separata, artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri, stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali, lavoratori del settore dello spettacolo e lavoratori agricoli. Viene naturale chiedersi quale sia la ratio dietro la cifra di 600€ che, a conti fatti, sono poca cosa rispetto alle necessità degli interessati, in particolare per le attività commerciali chiuse dal DPCM del 9 Marzo. È vero, è previsto lo sgravio fiscale sull’affitto, ma è evidente come tale misura non vada realmente incontro ai bisogni di chi, da un giorno all’altro, ha dovuto chiudere bottega o ufficio. Tra l’altro lo sgravio per l’affitto riguarda unicamente la categoria C1, quindi solo negozi e botteghe, non gli uffici.
Ma c’è un altro problema: rimangono fuori da questo indennizzo avvocati, architetti, ingegneri etc, a cui dovrebbero provvedere le Casse di competenza. Peccato che questi istituti stiano vivendo forti difficoltà finanziarie, dunque è tutt’altro che certo il destino di queste figure professionali. Inoltre è stato istituito un fondo di ultima istanza per l’integrazione del reddito di lavoratori e autonomi colpiti economicamente dall’emergenza. Tale fondo dispone di 300 milioni ma le condizioni per accedervi saranno definite in futuro tramite apposito decreto interministeriale.
Altre misure riguardano il divieto di licenziamento per due mesi per giustificato motivo oggettivo, come ad esempio le difficoltà economiche conseguenti la diffusione del coronavirus. I periodi di quarantena invece sono equiparati ad assenze per malattie retribuite. È stato realizzato anche un voucher di 600 euro che potrà essere utilizzato per pagare una babysitter per i figli sotto di 12 anni di età, mentre non c’è limite di età nel caso di figli disabili. Tale voucher sale a 1000 euro per i lavoratori in ambito sanitario.
Il fronte sanitario
Il decreto prevede tutta una serie di misure per potenziare il Sistema sanitario nazionale insieme alla Protezione civile e tutti i soggetti in prima linea nella lotta al virus. Sono state individuate le coperture per assumere 20.000 persone che andranno a rinforzare il personale sanitario e parallelamente è stato incrementato il Fondo Emergenza Nazionale di 1,65 miliardi di euro. Sono previsti 340 milioni per la realizzazione di nuovi posti letto in terapia intensiva e l’incremento del personale medico e infermieristico militare insieme ad altre misure volte a consolidare gli sforzi sul fronte sanitario.
Il fronte delle tasse
Il pagamento delle imposte è forse il punto del decreto che lascia più basiti. In generale è prevista una sospensione, sotto i due milioni di euro, dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria per i mesi di marzo e aprile, insieme al versamento Iva di marzo per i settori «più colpiti»: turistico-alberghiero, termale, trasporti passeggeri, ristorazione e bar, cultura (cinema e teatri), sport, istruzione, parchi divertimento, eventi (fiere/convegni), sale giochi e centri commesse. E gli altri? Chi non rientra in queste categorie, è previsto un «differimento delle scadenze» di ben 4 giorni: dal 16 al 20 marzo. Anche in questo caso, ci si chiede la ratio di tale spostamento temporale.
Per quanto riguarda le attività di riscossione dell’Agenzia delle entrate, si parlava inizialmente di rinviare al 31 dicembre (come anche per il pagamento dei tributi), mentre alla fine la data è stata anticipata al 31 maggio. Una scelta particolarmente infelice, dal momento che a giugno molte piccole realtà economiche devono pagare le tasse del 2019. Parallelamente alla scadenza del 31 maggio è stata affiancata l’opzione di rateizzare i pagamenti in 4 mesi. Ma spostare semplicemente la scadenza a dopo l’estate o alla fine dell’anno non sarebbe stato meglio? Stupisce inoltre la presenza di un «premio ai lavoratori» che nel mese di marzo svolgono la propria prestazione sul luogo di lavoro, non in smart working, che ammonta a 100€. In una situazione in cui si cercano disperatamente coperture per provvedere ai bisogni di tutti, l’entità di questa misura lascia sinceramente senza parole.
Il decreto contiene anche importanti misure per facilitare il credito agli imprenditori ma in sostanza permane l’impressione di fondo che sia stato fatto meno del necessario. Mentre si approfitta del decreto per nazionalizzare Alitalia (perché se non ora, che Bruxelles lascia campo libero, quando?), i lavoratori dipendenti avranno la cassa integrazione, gli statali lo stipendio, gli artigiani i 600€ e le imprese invece un semplice spostamento della scadenza del pagamento delle imposte. Tasse che dunque lo Stato esige, anche se il fatturato di questo mese (e del prossimo?) è pari a nulla.
Simone Fausti