Il governo ha deciso di stanziare risorse per erogare un reddito a una platea potenziale di 10 milioni, tra cui chi lavora in nero.
Il governo ha deciso che erogherà il Rem: il «reddito di emergenza», una misura concepita per incrementare i 600 euro previsti per gli autonomi nel decreto precedente con la novità che tale reddito sarà rivolto anche a chi lavora in nero. Ormai siamo stati abituati ai continui aggiustamenti da parte di Palazzo Chigi che sforna decreti a una velocità inusuale. È la situazione che è eccezionale, ci dicono, ed è vero, ma ciò non giustifica la mancanza di buonsenso nel partorire le norme. Se infatti la situazione attuale coinvolge tutto il paese, dall’altra parte non è buon segnale quando lo Stato considera sullo stesso piano chi paga le tasse, cioè che manda avanti la macchina pubblica, e chi no.
«Non è un nuovo reddito di cittadinanza – afferma il ministro Gualtieri – In questo momento dobbiamo far fronte a una situazione straordinaria: erogare un aiuto a chi ne ha bisogno, perché non ha altri fonti di reddito ed è ancora fuori dai 600 euro, in modo ancora più rapido, efficace, universale, adeguato». In termini numerici si parla di 6 miliardi per 10 milioni di soggetti, da aggiungere alle risorse previste per i 600 euro iniziali e con l’idea di coprire tutta la durata dell’emergenza sanitaria – economica, i cui tempi sono ignoti al momento. Oltre gli autonomi, partite Iva, artigiani, commercianti, e tutte le categorie previste nei precedenti decreti, si aggiungerebbero coloro che hanno contratti brevissimi di qualche mese, colf, badanti, i lavoratori precari e irregolari.
Come mai estendere questa misura anche ai lavoratori in nero? C’è chi sostiene che l’inserimento dei lavoratori irregolari contribuirebbe a ridurre il rischio che scoppino delle rivolte sociali come già accaduto a Palermo, dove alcuni individui hanno riempito i carrelli della spesa al Lidl e si sono rifiutati di pagare. Da giorni le forze di polizia locali pattugliano e presidiano le zone attorno a diversi supermercati e farmacie. Un problema concreto, la cui soluzione lascia tuttavia perplessi: i lavoratori in nero riceveranno un reddito dallo Stato, quindi chi non paga le tasse verrà stipendiato da chi le tasse le paga.
Nel frattempo il Ministero dell’economia e delle finanze ha creato una task force insieme a Banca d’Italia, l’Associazione Bancaria Italiana e il Mediocredito Centrale (MCC), per assicurare un’efficiente gestione delle risorse finalizzate previste dal decreto legge 18/2020 con cui è stata adottata una moratoria fino al 30 settembre per i prestiti per le micro imprese, le Pmi, i professionisti e le ditti individuali. Lo scopo è rendere più snelle una molteplicità di procedure tra cui quelle con cui le Pmi possono accedere al Fondi di garanzia. Garanzia che è all’80% dell’importo (e al 90% in caso di riassicurazione di confidi) per tutti i prestiti fino a 1,5 milioni (con la possibilità di coprire l’80% dei prestiti fino a 2,5 milioni quando siano rispettate alcune condizioni) fra cui l’imprenditoria femminile, per i prestiti del Mezzogiorno e per i finanziamenti per investimenti, nonché per tutti i prestiti fino a 5 milioni che rientrino negli ambiti di attività coperti anche dalle sezioni speciali del Fondo stesso.
Per quanto riguarda gli imprenditori persone fisiche (le cosiddette partite Iva, anche se non iscritti al registro delle impese), è previsto l’avvio di una linea per la liquidità immediata fino a 3000 euro, con accesso senza bisogno di alcuna valutazione da parte del Fondo, che si affianca alle garanzie all’80% già attive sul micro-credito e sui finanziamenti fino a 25000 euro.
Simone Fausti