Nella tempesta del coronavirus, a Parma hanno deciso di dare i buoni pasto solo a chi si professa antifascista, salvo poi correggere il tiro in seguito alle critiche ricevute.
Esiste una parte d’Italia, anche a Parma, che preferisce guardare al passato invece che al futuro, motivo per cui alcune persone si ritrovano a combattere i fantasmi di un periodo ormai scomparso. È quanto è successo a Parma dove il comune, guidato dal sindaco Federico Pizzarotti, ha introdotto una clausola antifascista per ottenere i buoni spesa del governo. In sostanza, coloro che si presentassero agli uffici comunali per chiedere tali buoni, dovrebbero firmare una dichiarazione in cui si certifica la propria appartenenza ai valori della costituzione e della democrazia, professandosi antifascisti, antinazisti e contro la xenofobia e il razzismo. Una pratica introdotta anni fa tramite un provvedimento, in occasione della richiesta di sale comunali da parte di soggetti di Forza Nuova. Tale norma, tuttavia, non era mai stata applicata a un servizio necessario e indispensabile come l’approvvigionamento di beni alimentari.
Subito sono piovute le critiche da parte non solo della destra, ma soprattutto dal Pd parmense il quale non accetta che si pongano tale condizioni in un momento in cui l’intero paese è in ginocchio. Sotto il fuoco incrociato degli avversari politici, il comune ha fatto marcia indietro immediatamente: lo stesso Pizzarotti è intervenuto tramite facebook cercando di giustificare ciò che è accaduto come un errore burocratico:
“È stato erroneamente inserito parte di un regolamento che vale per la richiesta di sale civiche, patrocini e contributi per attività ed eventi. In questa parte c’è scritto che se professi xenofobia, razzismo e nazismo non puoi beneficiare di sale civiche, contributi o patrocini dal Comune di Parma. Da noi è così e rimarrà così. Ma non vale per i bonus spesa, si correggerà l’errore, grazie a chi lo ha fatto notare con gentilezza”.
Pizzarotti dedica il resto del suo post facebook a lamentarsi degli insulti ricevuti, trasformando questa figuraccia in un’occasione per attaccare gli avversari. Ma nel frattempo,
coprendosi dietro l’onnipresente macchina della burocrazia, vera tessitrice dei destini del paese, lo scandalo è rientrato. I parmensi potranno chiedere dei buoni spesa senza l’obbligo di mostrare il proprio curriculum antifascista. D’altronde se è vero il fatto che non abbiamo nessuna colpa per essere stati colpiti da questo virus, d’altra parte siamo molto bravi a complicarci la vita. Soprattutto quando l’economia è in ginocchio e i cittadini cominciano ad avere difficoltà a mettere qualcosa in tavola tutti i giorni.
Simone Fausti