Conte ha parlato della grande potenza di fuoco messa in campo dallo Stato, ma la verità è più complicata.
Il premier Conte, a inizio aprile, annunciava, in verità, con soddisfazione l’arrivo di 400 miliardi di liquidità per le imprese con il cosiddetto “decreto liquidità”, mentre con il decreto “CuraItalia” il governo ne aveva liberati 350 per un totale di 750 miliardi: «quasi la metà del nostro Pil – ha sottolineato Conte su Twitter – Lo Stato c’è e mette subito la sua potenza di fuoco nel motore dell’economia».
Lo Stato è pronto dunque ad aiutare economicamente tutte le imprese in ginocchio a causa del coronavirus in maniera immediata? Non esattamente. Gli ultimi 400 miliardi previsti dal “decreto liquidità” consistono in 200 miliardi di euro di prestiti rivolti al mercato interno e garantiti dallo Stato, mentre gli altri 200 miliardi sono destinati a sostenere l’export delle piccole e medie imprese.
Questi 400 miliardi tuttavia rappresentano il tetto massimo di assunzione di impegni consentita a Sace, il soggetto titolato a rilasciare le garanzie per conto dello Stato su finanziamenti provenienti dalle banche a favore delle imprese italiane. Tuttavia, al di là del tetto massimo, l’azione di Sace è ovviamente legata al Fondo di dotazione messo a disposizione dallo Stato.
Tenendo conto che, in termini di valutazione del rischio, la leva finanziaria media è di 12,5, è stato fatto notare che se Sace operasse con una leva finanziaria di 20, per ogni euro disponibile del fondo, la cui dote corrisponderebbe a 1 miliardo, sarebbe in grado di concedere garanzie per 20 euro. Ciò significa che i 400 miliardi del decreto liquidità in realtà corrisponderebbero a 40 miliardi di liquidità. Una bella differenza.
E gli altri 350 miliardi? Essi sono destinati alle piccole e medie imprese fino a 500 dipendenti che potranno accedere a prestiti fino a 25mila euro con una garanzia statale del 100% mentre i finanziamenti fino a 800mila euro prevedono una garanzia dello Stato pari al 90%. Nello specifico, Sace fornirà garanzie sui prestiti alle imprese per 200 miliardi di cui 30 finalizzati al rafforzamento del fondo per le Pmi mentre 50 miliardi sono destinati al sostegno dell’export. Ma attenzione, questi 350 miliardi costituiscono di fatto una moratoria fino al 30 settembre di quest’anno per i finanziamenti in essere oltre al potenziamento del fondo per le Pmi. Per quanto riguarda la moratoria dei finanziamenti, i soldi stanziati quindi non si traducono in liquidità ma solo in uno spostamento degli obblighi di rientro dei finanziamenti già erogati.
Infine, l’esperienza recente ha già dimostrato che la strada per ottenere contributi, indennità, finanziamenti dallo Stato è tutt’altro che in discesa. Dopo il disastro Inps per l’erogazione dei 600 euro e i problemi che le varie Casse hanno dovuto affrontare sempre su questo fronte, nulla fa sperare che stavolta il governo abbia lavorato per facilitare la vita alle aziende.
Simone Fausti