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    Coronavirus e rifiuti: un’emergenza che corre su binari paralleli

    Rifiuti ospedalieri quadruplicati e danno da 1 miliardo di euro per le aziende che trattano rifiuti speciali. Legambiente Lombardia: a rischio il sistema del riciclo.

    Il forte stress che hanno subito le strutture sanitarie a causa dell’emergenza coronavirus si riverbera anche sotto il profilo dei rifiuti ospedalieri, aumentati in maniera considerevole soprattutto nelle regioni maggiormente colpite dall’attacco del virus. A lanciare l’allarme è Legambiente Lombardia, descrivendo una vera e propria emergenza rifiuti parallela a quella sanitaria, che potrebbe mettere a rischio il sistema virtuoso del riciclo.

    Secondo la Presidente Barbara Meggetto, intervistata da Il Giorno, i numeri provenienti dagli inceneritori che si occupano dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri rispecchiano perfettamente quelli provenienti dai sistema sanitario. L’aumento dei posti delle terapie intensive e il conseguente susseguirsi di operatori sanitari che utilizzano più volte al giorno i dispositivi di protezione individuale da eliminare a fine turno, corrispondono all’aumento dell’attività degli inceneritori autorizzati, stimato di quattro volte superiore al livello standard.

    E se da un lato Confindustria Cisambiente rassicura sulla capacità del sistema di reggere l’impatto di un aumento così consistente all’interno degli impianti del territorio nazionale, dall’altro Legambiente mette in guardia anche sul rischio concreto del blocco del riciclo. Con lo stop imposto alle aziende dalle misure di contenimento, moltissime quantità della cosiddetta “plastica nobile” si stanno accumulando con il passare del tempo all’interno delle industrie, senza poter essere riutilizzate. Se le chiusure dovessero protrarsi ancora a lungo, questo inevitabilmente porterebbe ad un blocco delle richieste di ulteriore materiale lasciando spazio, secondo Legambiente, all’ipotesi di gestire le eccedenze attraverso la termovalorizzazione come per i rifiuti indifferenziati.

    Ripartire è la parola d’ordine. In un’ottica di economia circolare, imprese e ambiente hanno l’esigenza di riprendere il normale flusso di sistema al più presto, scongiurando il rischio per le aziende di ritrovarsi senza materie prime con ripercussioni non solo sull’ecosistema, ma sui livelli occupazionali e di fatturato.

    Ma non c’è soltanto il rischio del blocco del riciclo a preoccupare, un’analisi della società di consulenza strategica ambientale Althesys, ha messo in evidenza quanto potrebbe costare al nostro Paese l’emergenza coronavirus sul versante del sistema rifiuti. Circa un miliardo. A pesare è da una parte lo stress cui è sottoposta la catena di smaltimento dei rifiuti sanitari, in considerevole aumento, dall’altro incidono le perdite sempre più in crescita derivanti dalla gestione dei rifiuti urbani e industriali.

    Secondo l’analisi illustrata all’Ansa, il sistema di gestione dei rifiuti è uno degli ambiti maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria a causa della riduzione dei consumi, soprattutto del terziario, e del blocco delle aziende, che ha avuto come riflesso una diminuzione considerevole dei rifiuti speciali da trattare negli impianti. È un range che oscilla tra i 4,2 e i 4,8 milioni di tonnellate di rifiuti speciali la stima delle perdite per soli due mesi di lavoro delle aziende che si occupano della loro gestione nelle tre regioni più provate dall’emergenza sanitaria – Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – l’equivalente di un miliardo di euro in termini di fatturato.

    Micol Mulè

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