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    Il settore metalmeccanico riparte ma senza protocolli. Fim Cisl: “Fase 2, fai da te”

    Sottoscritti 110 protocolli di sicurezza su 5mila imprese del territorio bergamasco. Non mancano però esempi virtuosi tarati sulle peculiarità dell’aziende.

    Con il lockdown ormai vicino ad essere lasciato alle spalle, mentre si studiano i protocolli di sicurezza, le aziende metalmeccaniche della bergamasca si preparano ad affrontare la ripartenza, che si preannuncia carica di difficoltà. Il settore, che cuba 5mila imprese e circa 90mila occupati, dovrà fare i conti con una perdita vicina al 30% rispetto allo scorso anno che detta l’urgenza della ripresa in condizioni di massima sicurezza. E se da un lato le imprese sono già all’opera per organizzare il lavoro secondo le disposizioni sanitarie, dall’altro Fim Cisl evidenzia che soltanto 110, sulle 5mila aziende metalmeccaniche, hanno sottoscritto protocolli di sicurezza con i sindacati che tutelino la salute degli addetti.

    Una modalità “Fase 2, fai da te”, denuncia il sindacato, nonostante il protocollo provinciale sia stato sottoscritto da tutte le centrali datoriali: “Emergono casi, purtroppo non isolati, di procedure raffazzonate e non concordate, lavoratori spaventati che chiamano le categorie sindacali per lamentare provvedimenti non conformi a quanto abbiano letto sui giornali”, spiega il segretario generale Fim Cisl Bergamo, Luca Nieri, ricordando che, parallelamente ai 110 protocolli di sicurezza, sono state sottoscritte, tra CIGO, FIS e CIGD, oltre 2100 domande “contribuendo in modo significativo a dare un aiuto concreto agli oltre 62000 lavoratori coinvolti, abbiamo garantito una tenuta reddituale a buona parte della provincia, trovando una buona disponibilità a definire accordi in moltissime aziende”.

    In queste ultime sono stati sottoscritti protocolli determinanti per la fase di ripresa, nei quali hanno trovato una definizione gli aspetti legati ai dispositivi di protezione individuale, il distanziamento e l’utilizzo degli spazi comuni – mense e spogliatoi – ma anche la gestione degli ingressi in azienda con la misurazione della temperatura, così come sanificazioni e pulizie quotidiane. Il focus si è concentrato sulla riorganizzazione del lavoro, basata sulla rimodulazione degli orari per meglio gestire i flussi del personale, e sul consolidamento del sistema di smart working.

    Tuttavia non sono mancate resistenze nell’individuare percorsi di partecipazione organizzativa: “In molte aziende vince il “fai da te” e una gestione unilaterale della “fase 2” – prosegue Nieri – con protocolli che si sono limitati nel fare copia e incolla dei documenti nazionali, tralasciando interventi specifici che questo momento prevedrebbe”. Non solo, il sindacato denuncia anche fughe in avanti di alcune aziende, alcune utilizzando la possibilità dei codici ATECO, altre chiedendo la deroga prefettizia: “Le ripartenze avrebbero dovuto essere effettuate anche su verifica effettiva che le condizioni di sicurezza in quella azienda fossero certe – ribadisce il segretario – non credo sia il “quando” si ripartirà la priorità per il nostro territorio, ma capire il “come””.

    Ed è su questo aspetto che si è concentrato il protocollo sicurezza definito dalle organizzazioni sindacali e Confindustria, uno strumento fondamentale per ripartire perché calzato su misura sulle peculiarità di ciascun contesto lavorativo: “È da apprezzare per la valenza politica e per il messaggio lanciato dal protocollo territoriale sulla sicurezza, perché solo assieme, lavoratori, aziende e sindacato, si può uscire da questa pandemia con una responsabilità comune e collaborando responsabilmente”, prosegue la nota del sindacato. A questo proposito, concludono, bisognerebbe guardare anche alle problematiche legate alla genitorialità. La ripartenza a scuole chiuse rischia di mettere in difficoltà oggettive le famiglie che hanno già usufruito di congedi parentali durante la fase del lockdown: “Fim Cisl Bergamo auspica un intervento a largo respiro per i genitori da qui alla fine dell’emergenza scolastica, con congedi finanziati dal governo e iniziative delle aziende legate allo smart working”.

    Micol Mulè

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