Mascherine introvabili, camici scadenti e test sierologici in ritardo
Il commissario per l’emergenza è tornato sulle polemiche sui prezzi delle mascherine. Ebbene si, dopo aver implorato le aziende a riconvertire le loro fabbriche per la produzione di dispositivi di protezione individuale, ed avendo in seguito imposto il prezzo massimo di 50 centesimi, la colpa sarebbe delle farmacie e degli speculatori.
Ieri mattina nel corso della conferenza stampa, Arcuri ha commentato: “Il prezzo delle mascherine chirurgiche fissato a 50 centesimi più Iva è e resterà quello”. E ancora: “Gli speculatori e categorie simili dovranno farsene una ragione – ha sottolineato – la giungla che abbiamo lambito, la speculazione che abbiamo osservato non c’è più e non tornerà”.
Due giorni fa l’accusa di Federfarma che annunciava l’esaurimento delle scorte di alcuni dispositivi di protezione essenziali, quali mascherine, guanti e alcol.
Arcuri si è giustificato dicendo: “Non è il commissario a dover rifornire le farmacie nè i loro distributori, il commissario non si è mai impegnato a farlo”, ha ribadito Arcuri. E ha aggiunto: “Il commissario non deve rifornire gli associati della Confcommercio, della Conad, della Coop e della Federdistribuzione. Se le mascherine ci sono nei supermercati e non nelle farmacie vuol dire che c’è un difetto nella rete di approvvigionamento delle seconde”.
Peccato che il commissario abbia annunciato di rifornire anche i tabaccai, in seguito alla polemica con Federfama. Sorge dunque spontaneo il dubbio per cui sia compito dello Stato rifornire i tabaccai e non le farmacie.
Ma non c’è solo il problema delle mascherine.
Lo scorso 3 maggio, Marco Gabusi, assessore alla protezione civile della Regione Piemonte aveva chiamato il commissario, spiegando di avere urgente bisogno di camici di protezione per medici e infermieri. I dispositivi erano stati trovati in un’azienda in Cina certificata e l’assessore aveva chiesto l’autorizzazione ad importarli. Ma la risposta è no, perché i camici c’erano già.
In effetti i camici sono arrivati, ma non hanno idrorepellenza e non tutelano dal rischio biologico”. Le foto svelate nel corso della trasmissione “Non è l’arena” mostrano dei materiali che non sono in grado di proteggere gli operatori sanitari. Inoltre, le indicazioni che accompagnano i camici specificano che si tratta di dispositivi “no medical”.
I camici sembrerebbero arrivare da delle donazioni.
Solo dopo tale denuncia la Regione Piemonte ha ottenuto l’autorizzazione a comprarli.
Sempre in conferenza stampa, Arcuri ha anche parlato dei test sierologici spiegando il perché dei ritardi: “I test sierologici su 150mila italiani sono in ritardo perché si è dovuta attendere la norma sulla privacy”, ha detto il commissario per l’emergenza.
“Sabato quella norma è stata emanata – ha confermato- e da ieri (11 maggio) sono iniziate le operazioni per avviare i test sierologici”.
Andrea Curcio