La crescita delle start-up innovative viene considerata come uno dei fattori chiave, potenzialmente capace di sbloccare la situazione di empasse in cui il mercato globale si è ritrovato a causa della pandemia da Covid-19. Secondo un’opinione diffusa, le start- up, grazie alla loro connaturata visione innovativa di prodotti e servizi da inserire sul mercato, potrebbero, unitamente ad altri fattori, fornire la giusta spinta per fare ripartire l’economia.
Lo scenario degli ultimi anni, a partire da quando il significato di start-up ha assunto connotati ben precisi, attraverso il Decreto-Legge 8 ottobre 2012, n. 179, ha visto il susseguirsi di diverse disposizioni finalizzate ad incentivare la nascita e lo sviluppo di queste realtà imprenditoriali. Se dovessimo, tuttavia, giudicare le misure intodotte a sostegno delle start-up, analizzando i dati concernenti il loro andamento economico, non si potrebbe fare a meno di notare che i fondi messi a disposizione dallo Stato e i benefici ad esse attribuiti non sono stati sufficienti a rendere l’Italia un territorio adatto per la loro crescita e lo sviluppo. I motivi possono essere molteplici. Sta di fatto che, sebbene vi siano alcuni dati positivi (il numero delle start-up innovative negli ultimi 8 anni è stato in continua crescita – ad oggi 11.206, il 3,1% di tutte le società di capitali di recente costituzione), le performance, in termini di fatturato, sono deludenti (valore della produzione medio di poco inferiore a 169 mila euro). Uno dei problemi principali che frena la crescita di queste iniziative è individuabile senz’altro nella carenza di investimenti esterni, necessari affinché queste realtà acerbe possano sviluppare i loro progetti in maniera tempestiva. In un contesto di continua e rapida evoluzione il servizio o il prodotto offerto da una start-up oggi potrebbe non rispondere alle esigenze del consumatore di domani, pertanto è necessario potersi posizionare sul mercato in tempi rapidi e competitivi. Per potere essere in grado di compiere questo processo è senz’altro necessario disporre di capitali, siano essi di derivazione privata, o con sostegno pubblico.
Il Legislatore italiano, nel disporre le misure necessarie all’avvio della nuova fase di ricostruzione del mercato interno, dopo i tentennamenti iniziali, non ha potuto fare altro che prendere atto del ruolo di primaria importanza che le start-up innovative rivestiranno negli anni futuri, così da prevedere una specifica disciplina volta ad incentivarne lo sviluppo (art. 38 Decreto Rilancio).
Il Decreto Rilancio, all’articolo 38, prevede alcune misure, riconducibili alle due diverse categorie della dotazione finanziaria e dell’incentivazione degli investimenti, nell’ottica di rafforzamento dell’ecosistema delle start-up innovative.
Tra le principali novità si prevedono lo stanziamento di 200 milioni di Euro per l’anno 2020 a favore del c.d. Fondo di sostegno al venture capital, l’estensione da 5 a 6 anni della permanenza nella sezione speciale presso il Registro delle Imprese e soprattutto l’innalzamento della percentuale in detrazione per gli investimenti privati, a un certo punto dell’iter eliminata dalle bozze di decreto e giustamente reinserita. Con l’entrata in vigore DPCM, dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche sarà possibile la detrazione di un importo pari al 50% della somma investita in una o più start Up innovative e/o PMI innovative, sia che l’investimento venga fatto in forma diretta sia che venga attuato tramite organismi di investimento collettivo del risparmio che investono prevalentemente in start-up innovative e/o PMI innovative. Con un tetto di 100.000 Euro.
Ulteriori misure sono state adottate a sostegno degli investimenti. Il Decreto Rilancio equipara le startup innovative – nel caso di contratti di ricerca extra muros – alle università e agli istituti di ricerca ai fini della maggiorazione delle spese ammissibili rilevanti di cui all’art. 1, comma 200 della legge 160/2019. Nel caso in cui vengano stipulati contratti extra muros con università, istituti di ricerca e (a seguito della modifica apportata dal Decreto Rilancio) con start up innovative aventi sede nel territorio dello Stato, le spese concorrono a formare la base di calcolo del credito d’imposta per un importo pari al 150 per cento del loro ammontare. A conclusione delle misure volte ad un’estensione delle possibilità di investimento nei confronti delle start-up vi è una specifica disposizione in tema di investitori stranieri. A tale scopo è stato apportato un dimezzamento delle soglie finanziarie per le operazioni dirette verso le società di capitali (da 1 milione a 500mila euro) e, in particolare, verso le start-up innovative (da 500mila a 250mila euro).
Altri interventi in tema di dotazione finanziaria, prevedono lo stanziamento di 100 milioni, nella forma del finanziamento agevolato, a favore dell’iniziativa “Smart&Start”, la dotazione di 10 milioni di euro sotto forma di contributi a fondo perduto finalizzati all’acquisizione di servizi prestati da parte di incubatori, innovation hub, business angels e altri soggetti pubblici o privati e la predisposizione di un fondo di 4 milioni di euro, denominato “First Playable Fund” finalizzato a sostenere le fasi di pre-produzione dei videogames necessarie alla realizzazione di prototipi.
Nell’insieme, le misure proposte costituiscono un’opportunità da un lato, ma dall’altro lasciano emergere ancora una discutibile incertezza del Legislatore rispetto ad un segmento imprenditoriale che, se adeguatamente sostenuto, potrebbe fornire al nostro Paese una conferma di meriti e riconoscimenti (in termini di inventiva, innovazione, design e tecnologia) che ancora troppo raramente gli vengono attribuiti.
Il Decreto Rilancio è certamente un passo in più in questo iter per le start-up, ma non è sufficiente ad esprimere una convinta inversione di tendenza. Solo con più coraggio si potranno ottenere le imprese del futuro e se il privato è chiamato a crederci, lo Stato dovrà essere d’esempio.
Avv. Andrea Ferrandi
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Dott.ssa Federica Pasini