Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Austria si oppongono alla proposta di trasferimenti a fondo perduto da parte dell’UE per far fronte all’emergenza di covid-19. Solo prestiti da rimborsare in breve tempo.
Siamo alle fasi finali dello scontro interno all’Unione Europea su come rispondere all’emergenza coronavirus. Alla proposta franco-tedesca di trasferimenti a fondo perduto per un totale di 500 miliardi di euro ha risposto il fronte dei rigoristi con un secco no. Austria, Paesi Bassi, Svezia e Danimarca hanno fatto sapere che la proposta di Macron e Merkel, così come è formulata, non è accettabile.
In ballo c’è il destino della ripresa delle nazioni europee più colpite dal covid-19. Ripresa che l’Europa vuole facilitare tramite un pacchetto di aiuti chiamato Recovery Fund sul quale tuttavia non c’è unanimità di intenti. I Paesi del nord infatti hanno fatto sapere di non essere disposti ad accettare misure che portino alla mutualizzazione del debito o ad un aumenti significativo del bilancio europeo.
Questi Paesi riconoscono la necessità di istituire un fondo per contrastare le depressione economica conseguente alla diffusione del coronavirus, ma sono fortemente contrari a qualsiasi forma di trasferimenti a fondo perduto. Al contrario, propongono che l’Unione Europea crei un fondo legato al suo bilancio in modo da fornire dei prestiti che andranno restituiti in tempi brevi, circa due anni. Gli stati che riceveranno tali fondi dovranno impegnarsi a realizzare riforme e a mettere a posto le finanze.
Richieste che, dal loro punto di vista, appaiono ragionevoli: una valutazione comprensibile, in tempi di quiete, ma che risulta particolarmente dura e anti-solidaristica durante una pandemia. In questi mesi di dibattito su come l’Europa avrebbe dovuto rispondere a questa sfida, gli appelli alla solidarietà sono abbastanza caduti nel vuoto. È vero che i soldi del Recovery Fund dovrebbero essere erogati in proporzione all’entità del contagio nei singoli Paesi, per cui l’Italia riceverebbe una quota cospicua mentre la Germania molto meno.
500 miliardi forse non saranno sufficienti per aiutare concretamente tutte le nazioni in difficoltà, eppure bisogna riconoscere una certa apertura da parte di Francia e Germania, in passato molto più rigoriste nei confronti dell’Italia su altre questioni. Il fronte nordico invece non sembra essersi smosso di un millimetro.
Un giudizio negativo è arrivato anche da parte del ministro per gli Affari Europei, Enzo Amendola, il quale, commentando la proposta dei Paesi del nord, ha affermato che “una recessione così dura richiede proposte ambiziose e innovative. A rischio ci sono il mercato interno e i suoi benefici per tutti gli europei. Il documento dei paesi <frugali> è difensivo e inadatto. Serve più coraggio”. Nel frattempo mercoledì 27 maggio la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, pubblicherà la proposta in merito al Recovery Fund rivolta ai leader europei.
Simone Fausti