Il virologo Pregliasco sulla rapertura: “Occorre una vigile serenità”. La quota oggettiva di persone infette è di 2.4 per 10mila abitanti.
Ad un giorno dalla riapertura dei confini, la situazione in Lombardia appare confortante con un trend in netto e progressivo miglioramento. 50 i nuovi casi di contagio registrati in Regione a fronte di 3.572 tamponi effettuati, che portano il rapporto positivi-tamponi all’1,4%. I dati di lunedì segnano un calo anche dei decessi, 19 contro i 33 di domenica e i 67 di sabato, così come degli attuali positivi che scendono a – 135 per un totale di 20861. Segno meno sia per i ricoveri in terapia intensiva, – 3 per un totale di 167 ricoverati, che per i ricoveri in altri reparti, che si attestano a – 46 per 3085 totali. Salgono a 166 i pazienti guariti/dimessi. Dati confortanti anche per il capoluogo lombardo, con 8 nuovi positivi registrati a Milano città, che salgono a 18 se considerata l’intera provincia.
I dati confermano le previsioni degli esponenti del mondo scientifico sulla possibile riapertura, che con moderato ottimismo propendono per una situazione “che sta andando per il verso giusto”. Così si è espresso il professor Carlo Signorelli, ordinario di Igiene e sanità pubblica all’Università di Parma e alla Vita e Salute del San Raffaele di Milano, fornendo un’ulteriore chiave di lettura dei nuovi casi positivi che mette velatamente un “puntino sulle i” rispetto alla polemica sui “magheggi” della Regione in merito ai dati divulgati nelle ultime settimane che, per taluni, potrebbero essere sfalsati: “Regione Lombardia ha iniziato una serie di campagne di test sierologici, laddove viene riscontrata la positività dev’essere effettuato un tampone che in alcuni casi risulta positivo – ha spiegato – questo segnala un’infezione che entra nel numero totale delle infezioni, ma che dovrebbe essere retrodatata, dal momento che ci sono gli anticorpi, perché contratta in un momento precedente”. Che tutto stia andando per il verso giusto non giustifica però abbassare la guardia: “Ci auguriamo che il trend in decisa diminuzione continui – ha precisato – quindi grande attenzione ai comportamenti individuali che devono essere mantenuti”.
In poche parole occorre una “vigile serenità”, come l’ha definita aprlando della riapertura, durante la trasmissione Agorà, il direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi, Fabrizio Pregliasco: “Credo che la situazione in Lombardia sia nettamente migliorata, grazie ad una sistematica adozione di test sierologici e di tamponi che finalmente sono ampiamente disponibili – ha dichiarato – riuscendo a colmare il gap che c’era nell’ambito della ricerca di casi che non sono di ieri ma sono di giorni precedenti”. La situazione è sotto controllo: “La quota oggettiva di persone infette è bassissima, 2.4 per 10mila abitanti, quindi il rischio è ridotto – ha confermato – fondamentale l’apertura, purché nell’ottica di un’attenzione rispetto ad ipotesi possibili, che ci sono, che si verifichino di focolai”.
Una ridotta aggressività del virus, come anticipato – insieme ad uno stuolo di polemiche – dal professor Alberto Zangrillo direttore della terapia intensiva del San Raffaele. Non è piaciuto agli esperti del Cts l’affermazione dello scienziato, secondo cui “il virus clinicamente non esiste più”, che però troverebbe riscontri oggettivi nello studio condotto presso il San Raffaele in fase di pubblicazione. Secondo la ricerca del prof. Massimo Clementi, nel trimestre che va da marzo a maggio la capacità replicativa del virus è risultata sensibilmente diminuita nell’ultimo mese rispetto agli esordi e riguarda pazienti di tutte le età, anche over 65.
Forse un eccesso nei toni, ma la sostanza non cambia: “Lo studio di Clementi ha evidenziato che su 200 casi la carica virale di questi pazienti è inferiore e oggettivamente anche al Galeazzi stiamo vedendo meno casi e casi meno complicati, lo stesso ha detto Bassetti e altri lo evidenziano- sottolinea Pregliasco – Dal punto di vista clinico i casi sono oggettivamente meno pesanti”. Ancora da verificare se il virus è davvero mutato, uno studio a Brescia ha evidenziato una variante che sembra essere meno aggressiva, che favorirebbe la riapertura: “C’è un’osservazione clinica che dice che le cose stanno andando meglio, che i pazienti sono pochi e meno complessi, però rimane l’elemento di rischio – ha concluso – quindi dobbiamo organizzarci e vivere con una vigile serenità quello che può essere un rischio”.
Micol Mulè