L’immobiliare è stato profondamente colpito dall’emergenza scatenata dal coronavirus. Ora cominciano a intravedersi nuove esigenze che possono cambiare il settore.
La pandemia scatenata dal covid-19 sta avendo profonde ripercussioni sul settore dell’immobiliare, con conseguenze anche dal lato della domanda. Durante la fase due infatti sono state osservate nuove esigenze da parte dei clienti i quali, dopo l’esperienza della quarantena, chiedono con maggiore frequenza abitazioni con giardino, spazi esterni, appartamenti più ampi.
Sono le conseguenze dell’emergenza sanitaria alla quale ha seguito il lockdown che ha costretto gli italiani a passare molte ore in casa a lavorare. Alcune aziende stanno valutando i benefici di prolungare lo smart working, un’opzione che potrebbe essere adottata maggiormente in futuro. Da qui le nuove esigenze abitative, che possano conciliare necessità inesistenti prima del coronavirus.
Mentre il settore si adegua a questo nuovo trend, si cominciano a tirare le somme e fare previsioni. A Milano, nonostante la domanda di investimento sia sostanzialmente ferma, il settore relativo alla prima casa rimane dinamico. Nel capoluogo lombardo, secondo Abitare.Co., durante il 2019 i prezzi delle case erano aumentati oltre il 10% praticamente in tutte le zone della città. Nel 2020 invece ci si aspetta un calo delle vendite almeno del 20%.
Scenari Immobiliari, istituto di ricerca specializzato, ha stimato che l’impatto economico del covid-19 sulle aziende del mondo dei servizi immobiliari comporterà un calo degli utili tra il 5 e il 10% per quest’anno. Tra le realtà più colpite ci sono i centri commerciali, gli hotel, i retail, gli uffici vecchi e lo student housing. Al contrario, le asset class che soffriranno di meno delle ricadute della pandemia sarà il settore sanitario, i data center, la logistica residenziale e gli uffici di grado A.
Insomma, il coronavirus ha ridefinito l’immobiliare nel suo complesso, bloccando alcuni processi da una parte e generandone di nuovi dall’altra. Bisognerà osservare se questa crisi avrà effetti permanenti nell’organizzazione delle comunità: in questo caso sarà necessario ripensare alla soluzioni tradizionali del vivere comune, dall’abitare al lavoro fino al commercio. In alcune realtà metropolitane la domanda abitativa potrebbe spostarsi dalla densità dei centri urbani verso zone più periferiche ma riqualificate, alla ricerca di spazi più ampi e più verdi.
Sostenibilità, sicurezza e incentivi fiscali potrebbero favorire questa dinamica. Come sottolinea Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari: “Nei tre mesi in cui il mondo si è fermato per la pandemia il settore immobiliare ha subito una vera e propria accelerazione di alcuni processi già in atto, primo fra tutti quello della digitalizzazione, che necessita di investimenti rilevanti, affrontati meglio da aziende di grandi dimensioni. Oltre a un conseguente processo di aggregazione, sembra auspicabile un futuro del del real estate in cui la faranno da padroni la sicurezza sanitaria e la sostenibilità, con un incremento delle detrazioni fiscali verso interventi di riconversione degli immobili e con un miglioramento dell’efficienza energetica”.
Simone Fuasti