Giovani e lavoro: è crollo dei contratti
I più penalizzati nella fascia d’età fino ai 29 anni. Cisl Milano Metropoli denuncia: precarietà esasperata.
Massimo 29 anni, diplomato, occupato nel settore alberghiero o della ristorazione oppure nel mondo delle attività artistiche e dell’intrattenimento. No, non si tratta di un’offerta di lavoro, bensì delle caratteristiche che tratteggiano la categoria più pesantemente colpita dagli effetti disastrosi dell’emergenza sanitaria. Secondo una recente indagine del Dipartimento del Lavoro della Cgil milanese sugli avviati al lavoro nell’ambito di Città Metropolitana, la fascia d’età che ha registrato la flessione peggiore a seguito dell’emergenza coronavirus è quella compresa fino ai 29 anni, con un pesantissimo -62,5% nel bimestre marzo-aprile. Percentuale che, tradotta in cifre, significa 23.968 contratti in meno rispetto ai 38.377 dello stesso periodo dell’anno precedente, attestandola come la categoria più esposta al rischio di esclusione dal mercato del lavoro. L’indagine del sindacato evidenzia che nemmeno la fascia d’età compresa tra i 30 e i 44 anni se la passa meglio, registrando un – 52,6% di contratti, che scende a – 47.9% per gli over 45.
Giovani che faticano a trovare un impiego, ma che sono anche stati tra i primi a perderlo una volta scoppiata l’emergenza sanitaria, perché i contratti a termine non sono stati rinnovati. Per loro l’avvenire si preannuncia all’insegna della precarietà, non quella a cui già erano abituati in epoca ante-covid, ma caratterizzata da un’ulteriore flessibilità che potrebbe determinare un conseguente peggioramento delle condizioni lavorative. Da un altro osservatorio sindacale, questa volta quello della Cisl Milano Metropoli – sportello disagio lavorativo, molestie e mobbing – emerge che, durante i mesi di pandemia, i giovani hanno segnalato circostanze limite, in cui è stata chiesta loro una disponibilità pressoché totale, indipendentemente che si trattasse di lavoro agile o in presenza. “La percezione di precarietà si è esasperata – ha dichiarato la psicologa Rosalba Gerli, direttrice dello sportello, a Il Giorno – le richieste aziendali, le pressioni e i ricatti sono aumentati in modo esponenziale, aggravati da continue umiliazioni, modalità di ipercontrollo e comportamenti vessatori”.
Nel quadro dell’emergenza sanitaria, dietro alle crescenti e sempre più pressanti richieste da parte dei datori di lavoro, si cela la velata minaccia del ridimensionamento del personale che vincola inevitabilmente i lavoratori, mettendoli nelle condizioni di accettare qualsiasi tipo di pressione. Le categorie più esposte a questo rischio sono evidentemente quelle con meno tutele e i precari, che rischiano di annullarsi pur di non perdere il posto di lavoro.
Micol Mulè