Recovery Fund: scontro a tutto campo
La riunione del Consiglio Europeo sul Recovery Fund ha fatto emergere anzitutto le divergenze tra i vari schieramenti, con il risultato che finora sono stati alzati molti muri e costruiti zero ponti.
Dopo una settimana di ipotesi, presagi e suggestioni, è cominciato il valzer diplomatico tra i 27 leader europei per giungere ad un accordo sul Recovery Fund. Uno degli scontri più duri e è quello tra Italia e Olanda: osservando le dichiarazioni delle ultime ore, i due Paesi sono arrivati ai ferri corti. Il premier olandese Mark Rutte non è intenzionato a fare marcia indietro sulla questione più dirimente, cioè l’ottenimento del diritto di veto sui piani di riforme degli altri Stati. Nel frattempo il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel ha avanzato una proposta intermedia: evitare di porre delle condizionalità per accedere alla risorse del Recovery Fund ma allo stesso tempo adottare un potenziale blocco ai trasferimenti finanziari in caso l’applicazione delle riforme non trovi il consenso dei governi europei.
Una linea alla quale questa volta il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, ha opposto un’esplicita contrarietà ritenendo la nuova proposta di Michel “non spendibile”. Conte, all’apertura dei lavori, ha affermato di avere «consapevolezza delle divergenze esistenti ma anche forte determinazione che dobbiamo superarle non solo nell’interesse dei cittadini italiani ma nell’interesse di tutti i cittadini europei. La linea rossa italiana è che la risposta sia adeguata ed effettiva, cioè concretamente perseguibile”. Un chiaro ammonimento sull’impraticabilità di un diritto di veto in seno al Consiglio che blocchi le riforme e i fondi.
Motivo per cui è stata avanzata una proposta italiana alternativa «per elaborare un coinvolgimento anche del Consiglio ma rispettoso delle prerogative della Commissione, a cui in base alle previsioni comunitarie spetta la prerogativa sull’attuazione del bilancio». Nel frattempo la sponda migliore per l’Italia è offerta dalla Spagna con il premier Pedro Sanchez che nel suo discorso si è pronunciato contro la pretesa di Rutte di legare la gestione del Recovery Fund all’unanimità del Consiglio sull’implementazione delle riforme strutturali. Conte e Sanchez dunque chiedono che sia la Commissione e non il Consiglio a giudicare in merito alla realizzazione dei programmi di ripresa nazionali.
Il vero ago della bilancia rimane comunque la Germania. Angela Merkel tuttavia, dopo che nelle ultime settimane ha sollecitato i colleghi ad una maggiore solidarietà ed espresso un cauto ottimismo, con l’inizio del vertice europeo ha fatto sapere che le divergenze rimangono per ora molto ampie e dunque è improbabile che entro domenica sera si giunga ad un accordo. Gli Stati Membri dunque continuano a praticare un forte “distanziamento”, incapaci di coniugare la solidarietà reciproca con la richiesta che i finanziamenti europei non vengano sprecati ma vengano utilizzati al meglio per cambiare direzione di marcia. Bisogna infatti riconoscere che non è facile fare certe richieste ai colleghi europei, soprattutto quando vengono da un Paese come l’Italia in cui per rendere operativo un decreto legge (dl Rilancio) servono 155 decreti attuativi di cui solo 16 sono già stati varati.
Simone Fausti