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    Il business degli affitti in Galleria Vittorio Emanuele

    Il business degli affitti in Galleria Vittorio Emanuele

    26 i negozi in scadenza di concessione nel 2020, di questi solo 9 hanno diritto al rinnovo come botteghe storiche. Per gli altri si aprirà il bando. Tre aggiudicazioni già lo scorso febbraio per 9milioni e 350mila euro.

    Il tempo stringe per 26 esercizi commerciali ubicati nel salotto milanese per eccellenza, la prestigiosa Galleria Vittorio Emanuele II, i cui contratti di locazione scadranno entro il 2020. Il Comune pochi giorni fa ha approvato una delibera che detta le procedure relative alle concessioni ad uso commerciale in scadenza entro l’anno, sfrattando di fatto 13 dei 26 negozi interessati.

    La normativa prevede che gli enti locali, scadute le concessioni, debbano ricorrere a procedure competitive per la scelta dei concessionari dei beni appartenenti al proprio patrimonio immobiliare, senza che venga riconosciuto un diritto al rinnovo, con conseguente obbligo di bandire una gara pubblica per individuare il nuovo soggetto assegnatario. Tuttavia, una sentenza del Consiglio di Stato ha rimesso al Comune la possibilità di valutare le condizioni di un rinnovo della concessione in caso sussistano elementi di interesse pubblico che possano giustificare la scelta, quali il valore identitario, storico e culturale dell’esercizio commerciale in questione. Ove non sussistano, la richiesta di rinnovo verrà respinta e si dovrà procedere con bando di gara, ma anche qualora l’esercizio dovesse avere le carte in regola per ottenerlo, l’Amministrazione si riserva il diritto di diniego in relazione ad “interessi superiori congruamente motivati”, si legge nella delibera, come ad esempio la modifica della destinazione d’uso o una migliore valorizzazione del complesso immobiliare.

    È il caso dello storico negozio di souvenir Algani al quale è stato rifiutato il rinnovo pur essendo in possesso dei requisiti richiesti, allo scopo di sfruttare la sua posizione privilegiata di accesso alla Galleria per destinare gli spazi ad attività retail di arte e/o antiquariato, arredamento e design, tecnologia multimediale, prodotti farmaceutici, gioielleria oppure galleria di opere d’arte o ancora attività museali. Unica alternativa partecipare all’asta all’incanto per rilanciare la base d’affitto e riconquistarsi lo spazio nel salotto milanese. Tra i big esclusi dal rinnovo, che dovranno contendersi gli spazi all’asta, risultano nomi quali Chanel e Church’s, per la categoria abbigliamento e accessori, e le gioiellerie Cielo e Grimoldi, in lista anche Bric’s, Liberty Retail, Sapori d’Italia, Svalduz, il Cravattificio Zadi, Suadeo e Del.Com. Sono nove, invece, i locali che potranno dormire sonni tranquilli grazie alla concessione del rinnovo, tra i quali lo storico bar Biffi presente nell’ottagono dal 1867, il bar tabacchi Marino e la boutique di Luisa Spagnoli.

    Certamente l’operazione comporterà una previsione di introiti notevoli nelle casse del Comune, considerando che si è passati dagli 11,5 milioni di euro di incassi di dieci anni fa ai 40milioni dello scorso anno da certificare nel bilancio consuntivo dell’Ente. Solo con l’asta all’incanto dello scorso febbraio, per aggiudicarsi gli spazi di tre dei 26 negozi in scadenza di concessione, il Comune si è garantito un introito fisso annuale di 9milioni e 350mila euro annui di canone d’affitto. In quell’occasione lo spazio occupato da Armani (che a sua volta si è aggiudicato per 1milione e 900mila euro l’ex spazio Tim) era partito da una base d’asta di 872mila euro che ha triplicato – dopo ben 28 rilanci – con l’offerta di un altro brand del lusso made in Italy, Fendi, aggiudicandoselo per 2milioni e 450mila euro annui. Ancora meglio ha fatto il colosso francese Dior, che ha scalzato Versace dallo spazio omonimo con un rilancio che ha raggiunto i 5milioni di euro. Come aveva a suo tempo commentato l’assessore al Bilancio Roberto Tasca, il business degli affitti in Galleria è assai redditizio, unica incognita gli effetti della pandemia che potrebbero disincentivare gli investitori.

    Micol Mulè

     

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