Aziende aperte ad agosto
Diverse aziende hanno aderito alla proposta di Carlo Bonomi di rimanere aperti ad agosto e posticipare le ferie, anche perché le prospettive di ripresa rimangono difficili.
Recuperare il terreno perso con il lockdown restando aperti ad agosto. È questa l’idea lanciata a metà giugno dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che ha riscosso un certo consenso. In diversi settori infatti, molte realtà produttive hanno deciso di saltare le ferie agostane per rimandarle più avanti, evitando così il blocco della produzione.
Secondo quanto riferito dal Sole24Ore, scelte di questo genere sono state prese di comune accordo tra i datori di lavoro e i dipendenti. Nel settore della Gdo, diversi fornitori hanno deciso di rimanere aperti durante le settimane centrali di agosto per evitare di mettere in difficoltà i ristoranti che nei mesi scorsi hanno subito un brusco arresto. Alcune aziende hanno deciso di mantenere attivi solo una parte dei lavoratori e posticipare le ferie in autunno. Questo è stato possibile anche perché molti dipendenti, vista l’incertezza delle scorse settimane, non hanno prenotato le ferie. L’obiettivo è quello di recuperare le perdite dei mesi scorsi e cercare di chiudere al meglio il 2020.
Nonostante infatti ci siano segnali di ripresa, il quadro generale per il 2019 rimane negativo. È quanto emerge dalla quarta indagine di Confindustria sugli effetti della pandemia da covid-19 per le imprese italiane. In termini di fatturato, la perdita media di giugno rispetto allo stesso mese del 2019 è stata del -24,5% mentre ad aprile era del -48,4%. Di conseguenza anche le ore lavorate sono diminuite (-17,6% a giugno e -46,3% ad aprile).
Ciononostante, continua ad aumentare il numero di aziende aperte: l’85,2% delle imprese intervistate ha riaperto completamente contro il 73,8% di maggio. Il 12,9% ha riaperto in parte mentre quelle ancora chiuse sono l’1,6%. È stato osservato anche un ritorno alle dinamiche precedenti con il ricorso al telelavoro che è diminuito attestandosi al 19,2% dei dipendenti totali. I lavoratori inattivi sono invece il 17,7%, ma i numeri cambiano molto da regione a regione (48,1% in Campania) e da settore a settore (87,7% nel mondo dei servizi di alloggio e ristorazione). Per quanto riguarda il numero di aziende che rischia di dover ricorrere ad ammortizzatori sociali, tale valore è sceso dal 37,6% di maggio al 13,07% di luglio.
Le nuove normative sanitarie dovute alla pandemia hanno comportato inoltre un aumento dei costi mensili sostenuti in media per lavoratore pari a 125 euro. In generale la situazione attuale rimane complicata: persiste la necessità di venire incontro agli imprenditori e alla loro capacità di generare posti di lavoro, tramite incentivi fiscali, il rinvio delle scadenze al 2021 e ulteriori facilitazioni per accesso alla liquidità e al credito.
Simone Fausti