Ecco il “piano nazionale di sorveglianza” di Crisanti: quadruplicare i tamponi giornalieri
L’obiettivo è passare dai 75/90mila tamponi giornalieri a 300mila su scala nazionale. Costo del progetto 40mln di euro più 1,5mln al giorno per la gestione.
Passare dai 75/90 mila tamponi giornalieri a 300mila su scala nazionale. Questo l’ambizioso “piano di sorveglianza” presentato al ministero della Salute dal padre del “modello Veneto”, il professor Andrea Crisanti – direttore del Dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova – ed ora al vaglio del Comitato tecnico scientifico per le opportune valutazioni che dovrebbero essere avviate questa settimana.
Una strategia che si rende necessaria per far fronte alla temuta nuova ondata di contagi, di cui un assaggio si sta verificando già in questi giorni con il rientro dalle vacanze estive. La parola d’ordine è prevenzione, in vista soprattutto dell’imminente avvio del nuovo anno scolastico e della ripresa a regime delle attività lavorative, necessaria per riuscire a mantenere l’equilibrio dei numeri il più basso possibile, “perché se si raggiunge la soglia di rottura, con il numero dei casi che eccede la capacità di risposta del sistema sanitario – spiega lo stesso Crisanti dalle pagine del Corriere – l’unica opzione disponibile rimane il lockdown”. Opzione che il paese, nell’attuale situazione economica, non può assolutamente permettersi di prendere in considerazione.
Sulla base del “modello Veneto”, il piano elaborato da Crisanti punta ad individuare in modo sistematico i soggetti asintomatici attraverso un uso capillare e massiccio dei tamponi fino a quadruplicarne l’attuale utilizzo su scala nazionale. Non è escluso il ricorso anche a test di ultima generazione per poter distinguere in modo efficace i sintomi del Covid-19 da quelli della normale influenza stagionale, il cui arrivo è previsto per l’autunno.
Per rendere possibile questo screening di massa sarà necessario implementare le strutture di analisi dei tamponi, ricorrendo all’ausilio di ulteriori laboratori dislocati sull’intero territorio nazionale. Al momento se ne ipotizzano una ventina – uno per regione – che potranno essere sia strutture fisse che mobili, per consentire di raggiungere eventuali aree critiche, come ad esempio zone in cui dovessero sorgere nuovi focolai. La spesa iniziale prevista per il progetto, a quanto si apprende, ammonterebbe a 40 milioni di euro, più 1,5mln al giorno per la gestione.
Gestione che verrebbe affidata ad un tavolo di coordinamento nazionale controllato da Roma, come ha spiegato il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, onde evitare “il frazionamento regionale che non sempre è stato efficace”. Le Regioni non saranno però tagliate fuori: “L’obiettivo è di individuare un criterio mirato di screening – precisa – concordandolo con le Regioni per rendere più omogeneo possibile il quadro dei controlli”.
Micol Mulè