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    Il triste settembre milanese: non solo uffici deserti, anche Città Studi perde la sua anima

    Il triste settembre milanese: non solo uffici deserti, anche Città Studi perde la sua anima

    La didattica a distanza tiene ancora lontani gli studenti e calano bruscamente gli affari per i locali della zona. Il rappresentante degli studenti di Architettura: “C’è voglia di tornare”.

    Chi a Milano vive o lavora si sarà ben accorto che la ripresa di settembre è decisamente diversa e insolita per una città abituata a vivere con una rinnovata energia il rientro dalle ferie. Lo vivono sulla loro pelle bar e ristoranti che hanno atteso questo momento carichi di speranza per l’avvio di una nuova stagione che portava con sé la promessa di ritornare a vivere una quotidianità il quanto più possibile vicina alla consuetudine dell’era pre-covid.

    Per il momento, però, rimane una chimera. Non solo gli uffici rimangono in prevalenza deserti con il perdurare dello smart working, anche le Università, che di quest’epoca cominciavano a pullulare di studenti tra test d’ingresso, gruppi di studio in biblioteca e matricole in avanscoperta per cominciare ad ambientarsi nella nuova realtà, sono prive di quel fermento tipico del mese di settembre. Se ne sono ben accorti in Città Studi, dove hanno sede il Politecnico di Milano e alcune facoltà della Statale, un crocevia di studenti – solo il Poli ne ha 45mila – dalla mattina alla sera, garanzia di incassi certi e sold out per ogni locale della zona.

    E se qui non è lo smart working a mietere vittime, è la didattica a distanza che sta togliendo ossigeno a chi vive grazie ai flussi considerevoli degli studenti universitari. Come il famoso bar “30 e lode” di via D’Ovidio che sugli studenti ha costruito la propria attività. Il titolare – che ha manifestato le sue preoccupazioni sulle pagine del Giorno – non perde l’ironia e dalla pagina facebook del locale avverte: “Vi laureate in videoconferenza, lavorerete in smart working e vi sposerete su Tinder”, un perfetto riassunto del trend di questo periodo. Ironia a parte, la situazione non è per niente rosea, e sono i croissant a rivelarlo: – 70% rispetto ai tempi delle lezioni in presenza. Menomale che i milanesi non rinunciano al caffe con brioche al bar, così il locale si mantiene in vita. Ma non è la stessa cosa per chi della socialità ha fatto l’ingrediente principale della propria attività.

    Così come non è la stessa cosa per gli studenti, per cui quell’aspetto è parte integrante della didattica: “A distanza perdi qualcosa, la lezione in sé è solo il 10% della didattica – spiega Issa Tallawi, studente e rappresentante degli studenti della scuola di Architettura – la forza del Poli e dello studio è lo stare in presenza, il gruppo di studio, lo scambio di idee e le amicizie che nascono in questo ambito”. Il Politecnico di Milano farà buona parte delle lezioni in presenza – trasmesse anche in diretta per gli studenti stranieri che non possono rientrare – e ha già messo in piedi una macchina organizzativa non indifferente per renderlo possibile: “In un Ateneo da 45mila studenti è uno sforzo immane anche organizzare gli orari scaglionati, ma l’obiettivo è quello di tornare in presenza perché c’è la consapevolezza che la lezione in sé non ti basta”, continua Issa, che in qualità di rappresentante degli studenti, in questi giorni è subissato dalle telefonate: “Tantissimi studenti mi stanno chiedendo se si torna o meno – spiega – Sono soprattutto i ragazzi che arrivano dal sud e non sono pendolari, che devono capire se rientrare a Milano o rimanere a casa”. Ma non si tratta solo di organizzazione: “La maggior parte lo chiede perché il desiderio è quello di tornare, non di rimanere a casa”.

    Micol Mulè

     

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