Una strada per interpretare le nuove necessità professionali.
Partiamo dalla proprietà commutativa delle addizioni. Se cambio l’ordine degli addendi la somma (o il risultato) non cambia. Tra poco la applicheremo a due inglesismi noti: smart working e team building. Se il primo gode di estrema popolarità da qualche mese per gli effetti del Covid-19, l’altro è noto da diversi anni, ma ancora (realtivamente) pochi ne hanno goduto i benefici. Ad ogni modo, definiamo lo smart working come “lavoro agile” e team building come “il complesso delle attività ludiche o formative che incoraggiano la collaborazione e la fiducia tra colleghi”. E fino a qui, siamo tutti d’accordo.
In questo periodo, sono molti i lavoratori che per necessità stanno vivendo l’uno (smart working), ma ancora sanno poco dell’altro (team building). Tuttavia il primo (smart working) condurrà all’altro (team building) per questioni di necessità. Spieghiamoci meglio. Sebbene oltre il 70% delle persone in “lavoro agile” preferirebbe proseguire il proprio lavoro lontano dall’ufficio (Ansa.it), la maggior parte di loro ammette di avere bisogno di momenti di socialità. Ed è in questo stato di cose che l’azienda ha l’opportunità di ascoltare le proprie risorse e cercare di investire nella direzione della collaborazione, della fidelizzazione del lavoratore, così da migliorare la qualità del proprio lavoro anche nella modalità, per molti tutta nuova (ammettiamolo), a distanza.
Applicando quindi la proprietà commutativa, abbiamo oggi bisogno di “smart building”, ovvero spazi di lavoro in cui l’interazione tra persone con diversa professionalità e provenienti da diverse aziende, sia agevolata e costante. Ma anche di “team working” indipendentemente dalla postazione in cui il team lavora. Di momenti di aggregazione e collaborazione organizzati e destinati in particolare ad aumentare collaborazione tra colleghi e fiducia nei confronti dell’azienda, che così diventa promotrice di un stile di cooperazione sana e sostenibile. E divertente, che male non fa. Del resto, dovendo imparare a convivere con il Covid-19 o altre situazioni possibili ed equivalenti, non può che essere il momento per simili ragionamenti.
La pressione patita da imprenditori e lavoratori nel corso del 2020, diversa per natura ma del tutto equivalente in intensità, ha incoraggiato conversazioni sul come e dove lavoreremo in un futuro molto prossimo. Così prossimo da poterlo chiamare “oggi”. Ma per alcuni non è stato ancora stimolo sufficiente a comprendere quanto importante sia mettere al centro dell’attività le persone, e costruire intorno a loro metodi e spazi che siano adatti alla produttività del singolo per il beneficio del gruppo. Ma detto così, sembra solo aria fritta.
Volete un esempio pratico? Corefab s.r.l. Quel posto che mette al centro (core) del proprio business qualcosa di favoloso (fab-ulous): l’HUB che trasforma le idee in prodotti di successo. Un aggregatore di uomini, imprese e professionisti con tutto ciò che di speciale accade dopo. Uno spazio di co-working (uno “smart building” a tutti gli effetti) versatile e adatto a professionisti e dipendenti, dove l’incontro tra persone è prassi. E dove le proposte di team building per aziende nascono dalla condivisione di idee. Un po’ come il teorema della trinamica, impropriamente riassunta con l’operazione 1+1=3. Ovvero la combinazione di due unità che dà vita a una terza unità distinta e inedita. Insomma, team building + smart working = co-working. E se cambi gli addendi il risultato non cambia. Sarà sempre qualcosa di inedito, generato in uno spazio professionale.
Marco Menoncello