Rosanna Favulli, sindacalista e impegnata in politica, ha messo al centro della sua vita l’attenzione per i più deboli, gli anziani, coloro che soffrono di solitudine.
Ci parli un po’ di lei
Ho sempre avuto la passione della politica fin da giovanissima. Dopo il diploma ho iniziato a lavorare in aziende multinazionali, per poi decidere improvvisamente di modificare il mio stile di vita e a riappropriarmi di me stessa. Ho iniziato a fare un lavoro che mi porta meno in giro per l’Europa e ho cominciato a fare l’operatore sindacale.
Inizio a svolgere diverse attività, prevalentemente nel terzo settore e nella società civile. Divento socia fondatore del circolo culturale Ettore Calvi, che è un’associazione che si propone di realizzare un luogo stabile in cui promuovere riflessioni e giudizi sui temi del lavoro, a partire dagli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa.
Sono inoltre segretario dell’associazione Democrazia e Comunità (e lo dico al maschile perchè altrimenti il ruolo non viene pensato come un ruolo politico) che si impegna sul giudizio della politica per favorire la ripartenza dal basso e il ritorno ad un voto consapevole.
Collaboro anche con il comitato “Mi impegno” con l’obiettivo di contribuire all’elaborazione di proposte e di contributi per la politica e il bene comune.
Sono infine in Piattaforma Milano come responsabile welfare.
Che cos’è per lei la politica?
Avendo frequentato la scuola di Lazzati, intendo la politica come polis, cioè come centralità della persona e la costruzione della città a misura di uomo. Quindi per me è più importante dire polis che politica.
La politica è dedicarsi agli ultimi e al bene comune. Di solito cito una frase di Don Tonino Bello: “Il volontariato deve stare dalla parte dei più deboli. Deve schierarsi. Non può rimanere neutrale…Da qui la necessità che il volontariato si riscopra come soggetto politico, non semplicemente caritativo… deve essere fattore di cambiamento della realtà e non titolare di assistenzialismo inerte, che spesso legittima lo sfruttamento e addormenta quel moto di irrinunciabilità a ogni forma di sfruttamento”.
Questa citazione mi piace molto perchè ribadisce l’importanza di essere responsabilmente coinvolto per migliorare la città per l’uomo, argomento che rimanda al concetto di polis che rimarcavo prima.
Che ruolo dovrebbe avere la donna in politica?
Margaret Thatcher diceva: “in politica se vuoi che qualcosa venga detto chiedi a un uomo, se vuoi che qualcosa venga fatto chiedi ad una donna”.
Rita Levi Montalcini: le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza”.
Io mi ispiro al significato di queste due frasi perchè al di là dei problemi che riconosco, affrontati dalle politiche di genere e dalle pari opportunità, a mio avviso non è tanto un problema di uomo o donna ma di capacità e di voglia di fare.
Quando si parla di pari opportunità e tutto viene ridotto a maschio o femmina a me dispiace. Pari opportunità significa occuparsi dei diversamente abili e degli abili, dei giovani e degli anziani, dei cattolici e non.
Come vede la situazione sociale oggi, anche alla luce della pandemia, e cosa prospetta per il futuro.
Io sono seriamente preoccupata e spero vivamente che la politica si occupi da subito delle nuove solitudini e delle nuove povertà. Per questo io cercherò, negli ambiti in cui mi muovo, di portare il mio contributo, le mie capacità e la mia esperienza rispetto a questi bisogni.
Io vedo anche a Milano che il degrado non è dettato solo dai mal governi, ma anche da drammi, da crisi ignorate dalla classe dirigente.
Si parla tanto di disoccupazione giovanile ma non si parla degli over 55 che hanno perso il lavoro o di donne costrette a causa del covid, a fare una scelta diversa dal punto di vista lavorativo.
La pandemia non ha aiutato ha trovare soluzioni e ha generato più situazioni di solitudine e di povertà.
La pandemia ha anche reso più evidenti certe diseguaglianze. Come valuta la gestione del servizio sanitario nazionale a livello regionale e nazionale?
La Lombardia può fare scuola rispetto al servizio sanitario. Sicuramente la sua gestione e le sue procedure sono state anche un punto di riferimento, sia per le altre regioni, sia per lo Stato, che dovrebbe far proprio il modello lombardo. Poi è ovvio che tutto sia migliorabile. Dal punto di vista organizzativo si potrebbe gestire meglio l’intera faccenda, ad esempio se venisse concessa una maggiore autonomia alle regioni, specialmente quelle che hanno dimostrato di essere delle eccellenze come la Lombardia.
Ci tengo a rimarcare un concetto a cui credo e che dico sempre a tutti: ricordiamoci di sorridere sempre perchè nonostante tutto la vita è bella e magari ricordiamoci di avere una persona anziana a cui poter semplicemente telefonare e a cui chiedere “come stai?”.
Andrea Curcio