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    Emergenza COVID-19 e divieto di licenziare.

    Emergenza COVID-19 e divieto di licenziare.

    La normativa emergenziale conseguente la pandemia COVID-19 ha inciso sensibilmente la materia giuslavoristica. Infatti, per la tenuta economica del paese, affianco agli ammortizzatori sociali, a partire dallo scorso mese di marzo è stato posto in essere il cd. “divieto ai licenziamenti” ad oggi prorogato fino al 31 dicembre 2020.

    Molti commentatori, con preoccupazione, stanno evidenziando che quando sarà nuovamente possibile procedere con il licenziamento vi è il rischio di una crisi sociale e di un sensibile aumento dei dati sulla disoccupazione.

    Infatti, secondo quanto rilevato dall’Inps, l’effetto di tale blocco ha registrato ad oggi un calo di circa 44% dei licenziamenti rispetto al 2019. Nello specifico i licenziamenti economici sono diminuiti del 72% nel secondo trimestre.

    Al fine di consentire una migliore contezza dei termini della questione, di seguito una breve descrizione dei contenuti di tale blocco.

    Il divieto dei licenziamenti è previsto dall’art. 14 del DL 14 agosto 2020, n. 104, “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia” anche chiamato “decreto agosto”.

    Ai sensi del secondo comma di tale norma – rubricata “Proroga delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo” – è previsto che «resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge».

    Da quanto sopra emerge che il divieto riguarda soltanto i licenziamenti collettivi e quelli individuali per giustificato motivo oggettivo.

    Ne consegue che l’imprenditore resta sempre libero di recedere per un qualsiasi motivo diverso dalle cd. ragioni economiche; eccezion fatta per l’inidoneità sopravvenuta della prestazione lavorativa che rientra, secondo un orientamento ormai consolidato, nella categoria dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. In senso conforme si è espresso anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con nota n. 298 del 24 giugno 2020.

    E’ ancora possibile, quindi, licenziare per ragioni disciplinari (giusta causa e giustificato motivo soggettivo). In altre parole è possibile licenziare a fronte di gravi inadempimenti del lavoratore che incidono sulla fiducia reciproca e non consentono la prosecuzione del rapporto. Tali licenziamenti potranno essere irrogati soltanto all’esito del procedimento disciplinare previsto dall’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/1970).

    Parimenti è possibile procedere al licenziamento sia per mancato superamento del periodo di prova, che per superamento del periodo di comporto: fattispecie entrambe che esulano dalla categoria del giustificato motivo oggettivo.

    Con riferimento alla possibilità di licenziare i dirigenti per giustificato motivo oggettivo, la questione è dubbia. Infatti, la lettera della norma sopra citata, richiamando soltanto l’art. 3 della L. 604/1966, non sembra far rientrare i dirigenti. Occorre, però, rilevare che i dirigenti rientrano sicuramente nel blocco – se coinvolti – in procedure di licenziamento collettivo attivate successivamente al 23 febbraio 2020. Ne consegue che il dirigente licenziato in questo periodo per giustificato motivo oggettivo potrebbe rivendicare (con buone chance di successo) una disparità di trattamento nella tutela giuslavoristica.

    Al di fuori dell’ambito dei licenziamenti in senso stretto, è possibile altresì interrompere il rapporto di lavoro con la risoluzione consensuale, il recesso in seguito della scadenza del periodo di apprendistato ovvero alla cessazione del contratto a termine (anche in somministrazione).

    Ovviamente, resta altresì possibile risolvere il rapporto per il raggiungimento dei limiti di età per la fruizione del pensionamento di vecchiaia.

    Da ultimo, occorre rilevare che non sono soggetti al blocco dei licenziamenti collettivi ed individuale per giustificato motivo oggettivo, quelli conseguenti la cessazione d’attività d’impresa, la liquidazione e gli accordi collettivi aziendali con i sindacati.

    avv. Nicola A. Maggio

    n.maggio@pmslex.com

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