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    Regioni rosse, arancioni e gialle

    La divisione delle regioni in tre aree di rischio non è molto piaciuta ai governatori

     

    L’ultimo dpcm è appena entrato in vigore. Si è deciso di dividere la penisola in tre aree (gialla, arancione, rossa) in base al livello di criticità del contagio che varia da regione a regione.

    Le regioni considerate con il livello massimo di allerta (area rossa) sono la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Calabria e la Lombardia. In queste aree sono applicate le misure più restrittive di tutta la nazione. Sono chiusi tutti i negozi, bar e ristoranti ed è vietata anche la circolazione delle persone all’interno del proprio comune, analogamente al lockdown nazionale della primavera scorsa. Si può uscire tassativamente per motivi di salute, di lavoro o per necessità di carattere urgente. Rispetto al lockdown della primavera, nelle zone rosse si è scelto di mantenere aperte le scuole dell’infanzia, le primarie e le classi della prima media, ma non le superiori e le seconde e terze medie, che faranno l’attività didattica esclusivamente a distanza. Si potrà comunque uscire di casa per brevi passeggiate, sempre indossando la mascherina e nei pressi della propria abitazione, mentre l’attività sportiva è concessa negli spazi aperti, purchè in forma individuale.

    Riepilogando si potrà uscire di casa esclusivamente per andare a lavoro, per curarsi, per recarsi a scuola, per necessità primarie come la spesa ai supermercati. Oltre le farmacie e i supermercati, si è deciso di tenere aperte le edicole, i parrucchieri (ma non i centri estetici) e le tabaccherie.

     

    Le regioni caratterizzate da una situazione di rischio di contagio alto sono la Puglia e la Sicilia. Qui non verrà attuato una sorta di lockdown come nelle zone rosse, ma i bar e i ristoranti restano chiusi a tutte le ore ed è fortemente raccomandato di uscire di casa solo per questioni urgenti.

     

    Tutte le altre regioni si trovano nella c.d. fascia gialla, che indica un livello di criticità moderato. Queste regioni non hanno particolari restrizioni se non quelle stabilite per l’intero territorio nazionale, come la chiusura dei bar e dei ristoranti alle 18.00 ed il divieto di circolazione oltre le 22.00, se non per motivi lavorativi, di salute o necessità.

     

    Il livello di criticità di ciascuna regione è stabilito mediante un meccanismo che tiene conto della curva dei contagi in quel territorio e della sua capienza ospedaliera, oltre che del parere del comitato tecnico scientifico e della stessa Regione. Il Presidente del Consiglio ha precisato che tale scelta non sta alla base di un confronto politico o di una contrattazione, ma che si tratti piuttosto di un meccanismo automatico. In tutti i casi il Ministro della Salute Speranza, monitorando giornalmente l’andamento dell’epidemia, può decidere di allentare o rinforzare le misure restrittive in determinate aree.

     

    Tuttavia alcuni presidenti di Regione non hanno tardato a mostrare il proprio dissenso al Governo. Ad esempio il governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana ha dichiarato che non avrebbe attuato un lockdown e che avrebbe preferito conoscere gli esiti delle misure adottate con l’ordinanza regionale prima del dpcm. In effetti si evince che il rapporto tra positivi e numero di tamponi effettuati in Regione Lombardia è al di sotto di quello di altre regioni, che presentano, oltre ad un quoziente molto più elevato, anche una situazione organizzativa sanitaria regionale molto ben al di sotto di altre regioni catalogate nella zona gialla.

    Una di queste è la Campania, il cui governatore, De Luca, aveva chiesto per primo l’adozione di un lockdown. Un allarme oltre le righe, se si considera che la Regione è stata catalogata nemmeno come una zona arancione, bensì gialla, cioè con rischio medio.

     

    Andrea Curcio

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