Solo ad ottobre 32 miliardi di incremento. A Sud più che a Nord. Ragusa in testa. Famiglie e imprese non spendono e rinviano investimenti
La pandemia da coronavirus ha fermato l’economia ed ha fatto anche crescere a dismisura i risparmi. Solo nel mese di ottobre sono stati fatti depositi nei conti correnti per oltre 32 miliardi.
La quantità complessiva di denaro depositato, da quando è iniziata l’emergenza, ha sfondato la cifra abnorme di 1700 miliardi.
Sia le famiglie, sia le imprese, in un clima di assoluta incertezza, hanno fatto la scelta di accantonare i risparmi piuttosto di investirli.
I dati della Banca d’Italia ci dicono che nel ragusano è stato segnato il record di tutto lo stivale (+14% dei depositi). In vetta alla classifica ci sono anche la Sardegna settentrionale e la Valle d’Aosta. In queste aree territoriali il capitale proviene per il 71% dalle famiglie.
Nelle grandi città e presso i centri finanziari si segnala un incremento più moderato e proviene in larga misura da amministrazioni pubbliche, assicurazioni e fondi pensione.
Si osserva poi che nelle regioni più settentrionali i depositi sono più contenuti rispetto al Sud. Ciò si spiega anche per il costo della vita, che è decisamente più alto nel settentrione e nelle grandi città. Ma c’è da considerare anche le diversità delle capacità di investimento e della cultura finanziaria, che variano da regione a regione.
Roma è l’unica provincia d’Italia in cui si registra un calo dei depositi complessivi, sebbene aumentino contestualmente i depositi da parte delle famiglie.
Contribuiscono alla crescita dei depositi alcuni provvedimenti del Governo, come le misure di sostegno alla liquidità introdotte per famiglie e imprese.
Inoltre, grazie all’iniziativa Abi-Assofin, le moratorie hanno congelato 2,7 milioni di crediti e piani di ammortamento per 301 miliardi. C’è poi da considerare la sospensione delle scadenze di alcuni adempimenti fiscali.
Ma la causa che senza dubbio spiega più delle altre la crescita dei depositi riguarda la totale incertezza per il futuro. Si preferisce esercitare una maggiore prudenza, evitando di investire il danaro in questa fase caratterizzata da una possibile riduzione dei redditi e da un aumento inevitabile della disoccupazione.
Gli stanziamenti a fondo perduto, i prestiti e le altre forme di aiuto predisposte dall’esecutivo non sono reputate sufficienti per confermare investimenti già programmati, tant’è che nella maggior parte dei casi si decide di rinviarli ad altra data, magari quando la situazione sanitaria si tranquillizzerà.
Andrea Curcio