Tra smart working e cig diverse persone hanno preferito aspettare ad andare in pensione tramite Quota 100 la quale però potrebbe trovare nuova linfa con la prossima primavera.
Secondo gli ultimi dati, nel trimestre estivo le richieste di poter andare in pensione con “Quota 100” (la cui sperimentazione si chiuderà nel 2021) sono state all’incirca 36mila. Dal inizio 2019 le domande accolte sono state 242.361 mentre, secondo quanto riportato dal Sole24Ore, le pensioni anticipate negli ultimi quattro mesi sarebbero 55mila per quanto riguarda la categoria sganciata dall’aspettativa di vita e di cui fanno parte quei soggetti che rientrano nei requisiti di 42 anni e dieci mesi di contribuzione.
Lo scoppio della pandemia ha obbligato molte aziende a ricorrere allo smart working di massa e alla cassa integrazione e ciò avrebbe portato gli italiani a sospendere le richieste di pensionamento anticipato che sono state superate dai pensionamenti per anzianità.
A fine ottobre il presidente dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, Pasquale Tridico, ha presentato alla Camera dei Deputati il XIX Rapporto Inps. In quella occasione Tridico ha spiegato che la principale conseguenza del covid è aver generato incertezza nei lavoratori, anche in quelli che si avviavano verso la pensione avendo i requisiti per poter accedere a quota 100, cioè almeno 62 anni e 38 di contributi. In questa fase di forte ricorso alla cig, diverse persone avrebbero deciso di aspettare per ottenerne una pensione dall’importo maggiore in futuro.
Anche sul fronte dell’Opzione donna sono state rilevate poche uscite. Tale opzione, che richiede 58 o 59 anni di età (a seconda che si tratti di subordinate o autonome) e 35 di contributi, sarebbe stata scelta da circa 42mila lavoratrici e concessa a poco più di 30mila soggetti dal 2019. Se l’Italia eviterà una terza recrudescenza dell’epidemia di covid nel 2021, dal prossimo aprile, dopo la fine del blocco dei licenziamenti, diversi soggetti potrebbero tornare a preferire il canale di Quota 100 così come le aziende intenzionate ad avviare un processo di riorganizzazione interna dopo un 2020 anomalo.
Il governo sta mantenendo un profilo basso ma il destino del sistema pensionistico italiano grava sulle teste di tutti. Come riportato dall’Istituto Liberale, per come sono state impostate le pensioni in Italia, il sistema regge su un meccanismo fallace: i contributi che vengono accantonati da un soggetto non sono messi da parte per la sua futura pensione, ma servono per pagarla a chi è già pensionato. A ciò si aggiunge che diversi italiani sono andati in pensione con un sistema retributivo per cui non ricevono una somma proporzionale a quanto hanno versato ma direttamente proporzionale alla ultima busta paga. L’Istituto Liberale definisce tale meccanismo uno schema Ponzi, cioè un sistema truffa che si regge fintanto che ci sono nuovi soggetti che forniscono liquidità per sostenere le necessità di quelli vecchi. In sostanza le nuove leve sostengono le vecchie guardie: un sistema che rischia di crollare se per esempio i bisogni dei secondi eccedono le capacità e gli sforzi dei primi. Una prospettiva inquietante ma plausibile per una nazione come l’Italia soggetta ai venti dell’inverno demografico da parecchio tempo.
Simone Fausti