Il presidente del club “Imprese storiche di Milano” di Confcommercio e titolare del ristorante “Al tronco” si fa portavoce della categoria. “Misure insufficienti. Ora rivedere gli orari di chiusura come le altre imprese del commercio”.
Se la maggior parte delle categorie commerciali può tirare un sospiro di sollievo con il passaggio della Lombardia da zona rossa ad arancione, lo stesso non si può dire per il settore della ristorazione per il quale, di fatto, nulla cambia. Già profondamente colpito dalle restrizioni che si sono susseguite nel corso dei mesi, la proroga delle chiusure per il comparto rischia di affossarlo in maniera definitiva.
A lanciare l’allarme è Alfredo Zini, titolare dello storico ristorante “Al tronco” di via Thaon de Revel, nel cuore del quartiere Isola di Milano, nonché presidente del club “Imprese storiche” di Confcommercio, che si è fatto portavoce del grido di dolore di ristoratori e pubblici esercizi, riassunto in una nota tanto precisa quanto amara.
“Noi imprenditori siamo stremati – esordisce – perché nelle ultime settimane abbiamo sentito parlare di ristori bis, ter, quater, di sostegno, di bandi e di liquidità, ma al momento molti di noi hanno ricevuto solo cartelle di pagamento dei tributi locali, F24 con versamento INPS, che dovranno essere pagati nei prossimi giorni”. Torna il tema delle misure economiche e di sostegno, ritenute finora insufficienti per scongiurare il fallimento di migliaia di imprese del settore: “Certo un piccolo sconto è stato fatto dalle amministrazioni locali su TARI e COSAP, ma non in maniera proporzionale alla perdita del fatturato e alla perdita dei posti a sedere dei locali (circa il 50% in meno). Ci auguriamo che a breve possano arrivare ulteriori denari a fondo perduto”, anche perché, avvicinandosi il Natale, oltre a utenze e fornitori, ci sono i dipendenti da pagare con le loro tredicesime. “Se non arriveranno molti di noi saranno costretti a chiudere definitivamente”, è l’amara sottolineatura.
E proprio al periodo natalizio Zini guarda con molta preoccupazione: “Ad oggi le anticipazioni sul nuovo dpcm per le festività non promettono nulla di buono per la categoria”, osserva. Perché se anche la Lombardia passasse da zona arancione a gialla, con le chiusure alle 18 e quelle obbligate nei giorni di Natale, Santo Stefano e, con ogni probabilità, per il tradizionale cenone di San Silvestro, “sarebbe l’epilogo finale di una sofferenza che sta portando le imprese ad un suicidio assistito, da parte di chi ci governa a tutti i livelli amministrativi”. La richiesta è chiara e semplice: “Rivedere gli orari di chiusura così come le altre imprese del commercio, al fine di garantire anche un servizio di ristoro per i consumatori che andranno a fare acquisti per i regali di Natale”, nel rispetto – ça va sans dire – di tutti i protocolli di sicurezza.
Ma non è tutto. Il settore pensa anche alle scadenze fiscali che sono state posticipate al prossimo anno, con l’auspicio che non vengano accorpate nei primi mesi del 2021: “Altrimenti non faranno altro che indebitare ancor di più le aziende che riusciranno a sopravvivere dopo questo periodo drammatico, una situazione insostenibile per molti”.
E intanto la protesta potrebbe di nuovo tornare in piazza in concomitanza con l’uscita del prossimo dpcm.
Micol Mulè