In Italia ratifica incerta. Forza Italia non lo voterà.
I ministri dell’Economia degli Stati Membri dell’Unione Europea hanno trovato un’intesa per la riforma del Mes. Nelle prossime settimane verrà condotto l’iter che porterà alla sua ratifica ufficiale, cioè alla firma del trattato prevista a Gennaio.
Nel frattempo il Fondo Monetario Internazionale esorta l’Unione Europea affinchè si doti di un bilancio permanente, strumento indispensabile per fronteggiare la ripresa post-pandemia.
La riforma farà si che il Mes diventi, già dal 2022 e non dal 2024 come era previsto, una garanzia per il Fondo di risoluzione bancaria.
Fino a oggi potevano accedere al Mes gli stati in difficoltà finanziaria. Dal 2022 il fondo potrà essere utilizzato anche per sostenere le banche a rischio. Almeno nelle intenzioni, il nuovo Mes dovrebbe servire anche a rafforzare il sistema bancario dell’area Euro.
Il punto controverso di questo nuovo Mes, come anche del precedente, riguarda le garanzie che gli stati dovranno fornire per poter accedere a tale strumento. Il Governo dello Stato che lo richiede deve infatti sottoscrivere degli impegni, finalizzati al miglioramento della stabilità finanziaria, le famigerate condizionalità (che fino a quando l’emergenza sanitaria perdurerà, saranno limitate all’utilizzo per le sole spese sanitarie). La nuova versione del Mes prevede il voto a maggioranza assoluta degli Stati.
Prima dell’ufficialità del Mes, essendo un trattato, si dovrà attendere la ratifica da parte dei singoli stati.
In Italia non sembra che ci siano le condizioni, considerato che sia il Movimento 5 Stelle, sia il centro-destra non hanno alcuna intenzione di dare il proprio voto. Anche Forza Italia, favorevole all’utilizzo del Mes per le spese sanitarie, attraverso il proprio leader Silvio Berlusconi, ha comunicato di essere contraria alla riforma del Mes.gli azzurri ritengono che nella nuova versione, gli stati che farebbero ricorso al Mes sarebbero maggiormente ricattabili.
Soddisfatto invece, è il ministro dell’Economia Gualtieri, secondo cui oggi l’Italia rientrerebbe tra quei paesi che hanno compiuto ampi progressi nel sistema bancario e non sarebbe più collocato tra quelli con fragilità.
Andrea Curcio