Recovery: è scontro nella maggioranza
La maggioranza si scopre divisa sulle modalità con cui investire i soldi europei.
Già provata dal prolungarsi del dibattito sul Mes, la maggioranza ha trovato un nuovo argomento di scontro: l’impianto del Recovery italiano. L’Europa infatti chiede a ciascuno Stato membro che beneficerà degli aiuti europei varati per contrastare il colpo economico della pandemia, un progetto chiaro con obiettivi designati al fine di impiegare le risorse in maniera efficiente.
La bozza del piano ha dato origine a una polemica ancora prima di finire sul tavolo del Cdm. In gioco ci sono molti miliardi che saranno divisi tra investimenti e riforme. La voce più importante riguarda le risorse destinate alla transizione green del paese: circa il 40% del totale che dovrebbe corrispondere a 83 miliardi di euro. Si parla in questo caso di forti investimenti in energie rinnovabili e programmi di efficientamento energetico. Dovrebbe essere inoltre confermata anche un’estensione del superbonus 110%.
L’altro fronte destinatario di una fetta considerevole delle risorse è il digitale: in questo caso si parla di circa 42 miliardi (il 20% del totale) che dovrebbero essere investiti per accelerare il processo di digitalizzazione del Paese. Sono previsti investimenti anche nei trasporti per rafforzare alcune tratte e l’alta velocità, mentre sul versante scuola gli asili nidi dovrebbero ricevere oltre 2 miliardi di euro.
Tuttavia, sebbene sembra esserci una convergenza di fondo tra le forze politiche al governo in merito alle priorità green e digital del Paese, è nata una frattura sulle modalità con cui implementare tale piano. L’intenzione infatti è quella di inserire la struttura di governance in un emendamento alla manovra, ipotesi che ha trovato la netta opposizione di Italia Viva la quale ha fatto saltare il Consiglio dei ministri fissato per ieri. Lo stesso Renzi, in un’intervista rilasciata a Repubblica, si è espressamente detto contrario a una task force per la gestione delle risorse del Recovery Fund sottolineando che “serve un governo che funzioni, non 300 consulenti”.
Ma i malumori non riguardano solo un aspetto di forma: c’è la sentita preoccupazione che una struttura comandata da alcuni supermanager o in mano direttamente a pochi ministri insieme a Conte comporti un eccessivo accentramento del potere, tagliando fuori dunque i titolari di spesa. Nonostante le rassicurazioni del ministro Gualtieri, lo scontro prosegue e i malumori si sono allargati.
In un lungo post sul suo profilo facebook, Enrico Mentana ha rivolto una lettera aperta ai leader politici criticando duramente ciò che sta succedendo: “Si sta esclusivamente discutendo, e solo nel governo, di quale struttura dare alla cabina di regia del Recovery Plan e di come suddividere le aree di gestione dei progetti da mandare a Bruxelles. Su questo apprendiamo, ancora nelle ultime ore, di scontri furibondi nella maggioranza”. Secondo il direttore del TG LA7, il problema, al di là dello scontro sulla governance, risiede proprio nella sostanza:
“Quali sono i progetti? Discussi dove? Con quale ratio? Con quale composizione (a parte quella algebrica che, ci scommetterei, porterà a una somma complessiva di spesa pari a 209 miliardi)? Quei soldi sono per oltre metà debiti di tutti noi, come tutti quelli già spesi in questi mesi terribili. E tutti noi abbiamo quindi pieno diritto di conoscere la genesi, la motivazione e il vantaggio di ciascuna scelta”.
Simone Fausti