Un curriculum prestigioso che lo porta ad essere troppo qualificato per fare altro, la denuncia in un post su Fb che in poche ore fa il giro del web.
Oltre 2000 condivisioni e reazioni che sfiorano quota 10 mila per un post, diventato virale nell’arco di brevissimo tempo, che descrive con ironia tagliente come si diventa rider alla soglia dei 50 anni. L’autore è Diego – Diegozilla – Cajelli, un recente passato, come tradisce il nickname, da fumettista e sceneggiatore, ora costretto dalle circostanze a montare in sella allo scooter per sbarcare il lunario.
“Faccio il rider perché con il curriculum come il mio sono troppo qualificato per fare qualsiasi altra cosa – scrive su Facebook – Faccio il rider perché “le faremo sapere”. Faccio il rider perché, mi dicono, non sono stato capace di vendermi. Ma se fossi stato capace di vendere, non avrei mai fatto il lavoro che ho fatto”. Il curriculum parla per lui, autore di testi per fumetti che lo hanno visto collaborare per prestigiose case editrici come la Sergio Bonelli Editore, che ha dato alle stampe personaggi entrati nella leggenda, quali Tex, Zagor e il famoso indagatore dell’incubo Dylan Dog, sceneggiatore per Zelig, scrittore e insegnante a contratto alla Cattolica e all’Accademia del Comico di Milano, tra le altre numerose attività. Una vita nella comunicazione.
Eppure oggi “Faccio il rider perché mi pagano, poco, ma mi pagano sempre”. Non è una questione di reinventarsi, ma di adattamento alle nuove circostanze che ribaltano i programmi e costringono a fare i conti con la realtà. “Faccio il rider – prosegue – perché non sono uno che ha vinto, uno di quelli che splendono nella loro vittoria solitaria, faccio il rider perché, parrà strano, ma anche i perdenti, gli sfigati e quelli che non ce l’hanno fatta hanno diritto di vivere”.
È la denuncia di una realtà amara, quella di una città come Milano dove si fatica a rialzare la testa, ma nella quale è ancora possibile scorgere bellezza. Diego racconta storie di quotidianità in sella allo scooter, una posizione privilegiata per guardare dentro quella Milano che “in coprifuoco si sente tradita nell’anima, quindi è vuota e fredda con tutti”, ma è pur sempre Milano, “sia di giorno che di notte, ed è bellissima”. L’algoritmo delle consegne lo costringono ad inoltrarsi per le vie del capoluogo, percorsi apparentemente casuali che si intrecciano con la memoria, in un viaggio che attraversa la città e suoi ricordi.
Dall’edicola, ora demolita, dove è iniziata la passione per i fumetti che ha segnato il suo percorso, ai portoni dei palazzi che fanno riaffiorare i primi amori di gioventù. Nel viaggio dentro una città che è cambiata profondamente da quando era ancora un ragazzino, si incontrano persone con il loro bagaglio di vita, si coglie quello scorcio mai visto che oggi assume una nuova luce. “Faccio mio ogni momento, lo assaporo, un particolare, un dettaglio, un qualcosa di bello” perché, in fondo, “sono un driver. E mi piace farlo”.
Micol Mulè