Riscossione crediti erariali: La Suprema Corte chiarisce il termine di prescrizione
Il termine per riscuotere i crediti erariali (IRPEF, IVA, IRAP, etc.) a seguito della notifica della cartella esattoriale e di qualsiasi altro atto amministrativo di natura accertativa non può che ritenersi quinquennale, alla stregua di quanto già previsto per i tributi locali (ICI, IMU, tasse per lo smaltimento dei rifiuti, contributi di bonifica, etc.), con la conseguenza che qualora l’Agente della Riscossione non ottemperi ad interrompere il decorso dello stesso con la notifica di atti idonei in tal senso, il successo provvedimento invitato al contribuente non potrà che ritenersi radicalmente nullo.
È quanto emerge dalla recente sentenza n. 30362 del 23 novembre 2018 della Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione a conferma di un principio già stabilito dalla stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 23397 del 17 novembre 2016. La Suprema Corte ha osservato che la prescrizione quinquennale è giustificata da un ragionevole principio di equità, che vuole che il debitore venga sottratto all’obbligo di corrispondere quanto dovrebbe per prestazioni già scadute tutte le volte che queste non siano state tempestivamente richieste dal creditore.
Secondo tale nuovo orientamento, che ha notevolmente esteso i margini difensivi del cittadino, quest’ultimo potrà quindi “chiedere al giudice l’estinzione del credito statale per intervenuta prescrizione breve, non soltanto nei casi di notifica di cartella esattiva (art. 36 bis e/o ter d.P.R. n. 600/73), bensì anche nelle fattispecie riguardanti qualsiasi atto amministrativo di natura accertativa (avvisi di accertamento, avvisi di addebito, ecc.)”. Principi di diritto già affermati dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 930 del 17 gennaio 2018, secondo cui “la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ.”.
In tale contesto la Corte di legittimità aveva altresì chiarito che tale principio si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via.
Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, “la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”. Alla luce di ciò si ha ragione di credere che il granitico orientamento di legittimità venga ora recepito dalle Commissioni Tributarie e si ponga fine al contrasto giurisprudenziale creatosi intorno alla suscettibilità o meno di un titolo di formazione extragiudiziale – qual è appunto la cartella esattoriale e/o l’avviso di accertamento impoesattivo – di acquisire il regime della prescrizione ordinaria decennale disposto dall’art. 2946 del cod. civ., nel caso che i predetti atti non fossero stati opposti nei 60 giorni seguenti alla loro ricezione da parte del contribuente.
Avv. Valerio Astuni