Si moltiplicano le voci di chi chiede al governo Draghi di intervenire il prima possibile sul destino del blocco dei licenziamenti e della cassa covid, con richieste opposte da parte di associazioni di imprese e di sindacati.
È il contrario dell’ “elefante nella stanza” degli inglesi. Fin da quando Mattarella ha chiamato Draghi al Quirinale a inizio febbraio, infatti, tutti hanno cominciato a parlarne come una delle priorità del neo-governo, se non come “la” priorità. Stiamo parlando del blocco dei licenziamenti che scade tra meno di cinquanta giorni e che sta dividendo le parti sociali.
Su questo il premier Draghi non si è ancora espresso in maniera estesa, ma ieri l’esecutivo ha mandato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, in esplorazione. Domenica infatti Orlando ha incontrato in videoconferenza i rappresentanti dei sindacati, Maurizio Landini, Annamaria Furlan, Pierpaolo Bombardieri. Una convocazione insolita visto che è arrivata prima della fiducia al Parlamento ma accolta positivamente dai pesi massimi dei sindacati italiani in quanto segnale di attenzione verso l’argomento.
Al centro del confronto la proroga oltre il 31 marzo del blocco dei licenziamenti e della cassa covid, nel quadro della riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro. Un tema che inevitabilmente farà scontento qualcuno, qualsiasi compromesso venga trovato. Da una parte infatti c’è chi chiede un allentamento progressivo o selettivo del blocco come il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro, il quale in un’intervista al Corriere della Sera ha affermato che “ci sono settori industriale, almeno qui in Veneto, che hanno ripreso a produrre a buoni ritmi e a esportare e che prevedono già un 2021 positivo”. Mantenere dunque il blocco nei settori più in crisi o addirittura differenziarlo in base al fatturato.
Dall’altra parte della barricata i sindacati come UGL (Unione Generale del Lavoro) che in maniera compatta chiedono un puro prolungamento del blocco e della cassa dal momento che, come riportato da Paolo Capone, Segretario generale UGL, “il mancato rinnovo innescherebbe una crisi occupazionale dalla portata potenzialmente devastante per la tenuta del Paese, considerata la fragilità dell’attuale scenario economico”.
Allungando lo sguardo oltre il breve termine, la sfida per il governo è quella di favorire la creazione di posti di lavoro tramite incentivi, programmi di formazione e in generale mettere le imprese nelle condizioni di rendersi protagonisti della ripresa economica e di conseguenza rianimare l’offerta di lavoro.
Simone Fausti