Battaglia legale tra le big delivery e i rider: come andrà a finire?
Il punto della controversia è se i rider debbano essere considerati come autonomi o coordinati continuativi
Le piattaforme di delivery Glovo, Just Eat, Uber e Deliveroo, hanno presentato formalmente un ricorso alll’Ispettorato del Lavoro di Milano che aveva contestato alcune irregolarità sui contratti e sulle condizioni di lavoro dei rider lo scorso 23 Febbraio.
Secondo l’Ispettorato del Lavoro, i grandi colossi del delivery non rispetterebbero le norme lavoristiche, in quanto i rider sarebbero da considerare non lavoratori autonomi, ma “coordinati continuativi”, i quali godono degli stessi diritti dei lavoratori subordinati. Inoltre tale regime di inquadramento comporta l’onere, in capo all’impresa che assume, di versare anche i contributi previdenziali.
L’azienda Glovo sostiene nel ricorso (e la stessa posizione è condivisa dai competitor) di aver ottemperato agli obblighi previsti per i lavoratori autonomi secondo la normativa applicabile fino a ottobre 2020, quando è entrato in vigore il nuovo contratto nazionale (peraltro molto contestato dai sindacati) siglato da Assodelivery e Ugl.
I risvolti di questa battaglia legale sono imponenti. Solo Glovo conta circa 10.000 rider attivi e 15.000 esercizi commerciali partner in Italia.
Il procuratore di Milano Francesco Greco ha usato parole forti, definendo i rider “lavoratori schiavi”.
Accanto alla questione dei raider, si affianca quella dei lavoratori di Amazon che, durante la pandemia ha avuto un boom dei profitti. Il 22 Marzo i sindacati hanno proclamato lo sciopero per tutti i lavoratori coinvolti nella filiera della big company americana.
Le accuse ad Amazon sono forti: si parla di lavoratori stremati sulle strade e nella catena di montaggio dei magazzini.
Andrea Curcio