Internazionalizzare tramite l’export è uno dei principali driver strategici per guidare la ripresa delle PMI italiane; l’export da sempre è il motore della nostra economia, alimentato da eccellenze e qualità del Made in Italy (“il Bello e Ben Fatto”) che, in un momento così critico, aiuterà a maggior ragione la ripartenza del nostro Paese.
Tuttavia l’export è soltanto un tassello del processo di internazionalizzazione, legato anche alla conoscenza dell’andamento dei mercati di sbocco, delle loro barriere all’entrata, delle loro convenienze fiscali, nonché delle regolamentazioni rilevanti per la stipula di accordi commerciali e alleanze strategiche.
Internazionalizzare a 360 gradi vuol dire per l’imprenditore conoscere le aree di interesse e le aspettative del paese target, adattandosi agli stili di consumo e di gestione degli affari, senza perdere i riferimenti e lo stretto controllo delle attività nel proprio paese di origine. Da sempre le PMI italiane sono rinomate in tutto il mondo per la qualità dei loro prodotti, vere e proprie eccellenze. Purtroppo tale qualità rimane a volte solo percepita e non fruita a livello globale, in quanto questi prodotti non sono oggetto di processi di internazionalizzazione che li rendano fruibili ai mercati esteri. Troppo spesso, tante PMI italiane fanno fatica a internazionalizzare le attività e a reggere la concorrenza di aziende molto più grandi e attrezzate, pur avendo un grande potenziale di crescita proprio a causa della assenza di un approccio sistematico e strategico alla internazionalizzazione e di una capacità di comunicare la forza del prodotto “Bello e Ben Fatto”.
Nonostante un aumento generalizzato e differenziato dei rischi a livello globale, per il nostro sistema imprenditoriale in generale un primo passo per ripartire con l’export può essere quello di puntare al commercio con territori a maggiore resilienza, senza escludere quelli che da sempre sono strategici per l’export italiano stesso. Allo stesso tempo, però, deve essere chiaro che, nello specifico, l’export da solo non basterà all’imprenditore italiano per agganciare la crescita, ma serviranno anche capacità di sfruttare le politiche economiche espansive poste in essere dal Governo, l’attuazione del piano di rilancio europeo Next Generation EU, la capacità di interagire con un sistema finanziario globale sensibile al sostegno all’economia reale e un’ambiziosa svolta legata alla sostenibilità. La crisi pandemica ha reso più esplicite queste necessità per gli interlocutori delle PMI che si aspettano, di contro, una attenzione da parte delle PMI alle loro proposte; non si può più prescindere da una ripresa dettata da nuove basi, ripensando l’economia in chiave sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, digitalizzata anche a sostegno della penetrazione in nuovi mercati di sbocco.
La mappa dei rischi 2021 pubblicata da SACE è una cartina tornasole delle principali sfide in corso a livello dei mercati internazionali che consente alle aziende, che vogliano sviluppare l’export con penetrazione su nuovi mercati, una prima efficace individuazione dei rischi e opportunità del mercato mondiale. Il forte aumento dell’indebitamento dei Paesi, la crisi di liquidità delle imprese, le tensioni geo-politiche e i rinnovati assetti del commercio mondiale, condizionati dal differente stato di avanzamento e successo delle campagne vaccinali in atto, fanno prospettare il 2021 come un anno di transizione verso l’uscita dalla crisi, molto diversa rispetto a quelle precedenti e stavolta non innescata da problemi di tipo finanziario.
Guardando agli scambi internazionali, SACE osserva come la perdita complessiva di volume di beni e servizi rispetto al trend di crescita stimato prima della comparsa della pandemia ammonta a circa 1.300 miliardi di dollari. Tuttavia, secondo le prospettive delineate da SACE, il volume del commercio internazionale tornerà a crescere nel 2021, sostenuto da una ripresa degli scambi di beni in grado di compensare il lento recupero del settore servizi, questi particolarmente colpiti dalle misure di contenimento (in particolare per turismo, trasporti e le attività legate all’ospitalità). Infatti, il settore dei servizi ha subito un crollo dei volumi del 21,8% nel 2020 con aspettative di crescita di un modesto 3,4% per l’anno in corso; migliore è invece la dinamica degli scambi di merci, che nel 2021 sono attesi avanzare dell’8,7% (-6,8% il dato del 2020).
In questo contesto, SACE ha individuato per il 2021 una lista di Paesi strategici e a maggiore resilienza che le imprese italiane possono considerare per le opportunità di crescita[1]. Nel Tier 1 troviamo in testa la Germania, che è il primo mercato di destinazione per l’export italiano. Segue il Regno Unito (quinto mercato di destinazione per l’export italiano) e poi gli Stati Uniti, terzo mercato di destinazione per l’export italiano e indiscutibilmente primo nelle Americhe per il nostro Paese, così come la Cina (primo mercato di destinazione dell’export italiano in zona Asia-Pacifico e il nono di destinazione in assoluto per l’export italiano).
I rischi presi in considerazione da SACE – sia di tipo creditizio (con le componenti sovrana e corporate particolarmente stressate) che politico (violenza politica) – sono in aumento e, in alcuni casi, preoccupanti. Tuttavia, anche le aree più “instabili”, con le dovute precauzioni e valutazione dei rischi da parte delle imprese, sono da SACE ritenute meritevoli di essere una piattaforma di lancio per l’export italiano.
La mappa, oltre a passare in rassegna i rischi politici e di credito per le geografie mondiali, riporta, a beneficio delle imprese, anche dei nuovi indicatori che tengono conto degli aspetti legati al cambiamento climatico, al benessere sociale e alla transizione energetica; tutte componenti che testimoniano una rinnovata sensibilità verso il futuro e che avranno forti margini di impatto per la crescita e che devono ormai essere tenuti in considerazione da chi voglia impostare una strategia strutturata di export in quanto condizionanti il successo della internazionalizzazione alla pari delle componenti tradizionalmente considerate come incidenti sulla convenienza alla scelta del mercato di sbocco, precedentemente richiamate. Superata la lunga fase caratterizzata da iniezioni di liquidità per la gestione della contingenza – come successo con Garanzia Italia, lo strumento previsto dal Decreto Liquidità per sostenere la concessione di finanziamenti alle attività d’impresa danneggiate dall’emergenza – bisognerà puntare a rilanciare le nostre aziende e renderle più forti nell’arena del mercato globale per agganciare la locomotiva della ripresa e rendere la crescita una concreta occasione di rilancio per tutto il sistema Paese in termini di produttività, competitività e sostenibilità.
Le imprese possono quindi guardare al 2021 con cauto ottimismo, ma devono essere pronte ad adeguare rapidamente le strategie di business e a monitorare mercati d’interesse e canali esteri come opportunità da cui ripartire.
di Ernesto Lanzillo, Deloitte Private Leader per Italia, Grecia, Malta
Per informazioni: private@deloitte.it
[1] SACE, “Mappa dei Rischi 2021”, 2 marzo 2021