È caccia ai microchip, merce rara nel mercato globale
Il Lombardia aziende in difficoltà a causa della scarsità degli approvvigionamenti dei micro circuiti, dall’automotive alle apparecchiature elettroniche si rallenta o sospende la produzione. Sindacati: “Situazione rischia di essere peggio della fase iniziale della pandemia”.
Cuore e cervello di qualsiasi apparato elettronico, i microchip stanno diventando merce sempre più rara nel mercato globale, la cui scarsità obbliga le aziende produttrici di numerosi beni a ridurre drasticamente o addirittura sospendere la produzione. Dall’automotive alle apparecchiature elettroniche, non c’è settore che necessita dei microprocessori che non abbia risentito, direttamente o di riflesso, della carenza di questi piccolissimi circuitiprodotti in larga parte in Asia e poi esportati in Occidente.
Una vera e propria crisi innescata dall’emergenza Covid, con il boom dello smart working e della didattica a distanza,che ha fatto schizzare alle stelle, in particolare, la richiesta di apparecchiature elettroniche come smartphone, tablet e pc, per questi ultimi arrivata a toccare +13% nel 2020 e prevista in crescita al 18% per l’anno in corso. Cresce la domanda – a livello mondiale +6,5% – e conseguentementeil prezzo dei microprocessori, che non frena i big dell’elettronica pronti a sborsare qualunque cifra pur di accaparrarsi i micro circuiti ormai introvabili, lasciando a bocca asciutta tutte quelle industrie che li utilizzano per produrre i più svariati beni.
Sebbene la produzione, concentrata per la maggior parte tra Samsung e Tsmc, sia stata incrementata per far fronte alle richieste in continuo aumento, non sono mancati i problemi. Il procedimento produttivo è complesso e arriva a richiedere oltre un migliaio di passaggi che necessitano fino a 20 settimane per ottenere il microchip finale, cui si sommano poi le tempistiche necessarie alla consegna. Tradotto significa quasi 6 mesi per arrivare a destinazione dal cliente finale. Un tempo lunghissimo che ha avuto non poche ripercussioni sull’attività di molte aziende che si sono viste costrette a rallentare la produzione oppure addirittura sospenderla per un certo periodo.
Ne sanno qualcosa le aziende lombarde, che in larga misura utilizzano i micro circuiti per le loro attività produttive. Un esempio è la Candy di Brugherio, azienda del gruppo Haier, che nelle ultime due settimane di aprile ha dovuto sospendere il lavoro proprio per la carenza dei microchip indispensabili per la produzione delle lavatrici. Un problema di approvvigionamento che interessa tutti gli stabilimenti Haier europei, che dopo aver attinto alle scorte sono rimasti a secco di micro circuiti. Non va meglio per il settore automotive che in Lombardia ha numerose aziende produttrici di componenti, anch’esse costrette a rallentare l’attività a causa della penuria dei micro circuiti.
Un duro colpo che si ripercuote sul fronte occupazionale, con i dipendenti delle aziende interessate dal fermo delle attività che si trovano nuovamente in cassa integrazione. “Questa situazione rischia di essere peggio della fase iniziale della pandemia – ha sottolineato Pietro Occhiuto, segretario generale della Fiom Cgil Monza Brianza -. La crisi dell’approvvigionamento dei microchip sta causando seri problemi alla capacità produttiva delle aziende di diversi settori e il rischio è che ci sia un impatto negativo sui lavoratori, anche in termini occupazionali. Per questo riteniamo fondamentale che si attivi un tavolo di confronto a livello nazionale tra Governo e parti sociali che affronti queste problematiche e trovi soluzioni a salvaguardia del sistema produttivo del Paese e a tutela dei tantissimi addetti coinvolti”.
Micol Mulè