Confartigianato: allarme prezzi materie prime
Una nota di Confartigianato evidenzia il trend di rialzo dei prezzi delle materie prime e gli effetti deleteri che potrebbe avere sulle imprese italiane. Nel frattempo Usa e Ue tornano a dialogare per togliere le tariffe sull’acciaio.
Mentre il governo discute delle riaperture, la ripresa del Paese rischia di essere messa a repentaglio a causa del rincaro delle materie prime. L’aumento dei prezzi viene osservato da tempo e in una nota di pochi giorni fa Confartigianato ha suonato l’allarme. L’Ufficio studi della Confederazione ha rilevato ad aprile un aumento dei prezzi delle commodities non energetiche pari al 33,4% su base annua.
L’effetto potrebbe essere dirompente a causa delle conseguenze sui costi sopportati dalle piccole imprese manifatturiere italiane per l’acquisto di beni necessari alla produzione. Secondo la nota di Confartigianato, si stima un impatto potenziale di 19,2 miliardi di euro in più in un anno a carico di 621mila artigiani e piccole aziende. Ad essere coinvolti sono il comparto costruzioni, i settori manifatturieri di metallurgia, legno, gomma e materie plastiche, mobili, autoveicoli, e in generale prodotti in metallo e apparecchiature elettriche. Come accennato, nel complesso si tratta di circa 621.000 piccole imprese con 1.893.000 addetti, con un’elevata presenza dell’artigianato pari a 435.000 imprese che danno lavoro a poco più di un milione di persone.
I numeri rendono chiara la posta in gioco. Secondo Confartigianato i rincari maggiori si registrano per i metalli base con +65,7% tra marzo 2020 e marzo 2021. Nello specifico il minerale di ferro segna un +88,1%, a cui segue lo stagno (+77%), il rame (+73,4%), il cobalto (+68,4%), lo zinco (+46,7%), il nickel (+38,5%), l’alluminio (+36%), il molibdeno (+32,4%). Preoccupano anche i prezzi delle materie prime energetiche che a marzo 2021 sono aumentati del 93,6% su base annua.
Tutto ciò si traduce in un’inevitabile erosione del margine di profitto. Il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, fa appello al governo perché intervenga. In una lettera rivolta al ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, Granelli sollecita “forte attenzione al fenomeno e la messa in campo degli strumenti che possano rimettere in equilibrio domanda e offerta, nel rispetto della concorrenza e delle norme che ne regolano le restrizioni”.
Ieri tuttavia si è accesa una speranza, perlomeno sul fronte dell’acciaio. L’Unione Europea e gli Stati Uniti infatti hanno annunciato di essere pronti a mettersi attorno a un tavolo per risolvere il problema delle tariffe. L’America di Trump, infatti, impose nel giugno del 2018 delle tariffe del 25% sull’acciaio europeo e del 10% sull’alluminio. In risposta, vennero imposte misure di ritorsione fino a 6,4 miliardi di euro sulle esportazioni degli Stati Uniti che comprendevano prodotti come il Bourbon, il whiskey, il burro d’arachidi e il succo di arancia. America ed Europa sperano di risolvere la controversia entro la fine del 2021.