Un defibrillatore per amico
Abbiamo ancora tutti negli occhi il “miracolo” capitato durante gli Europei di calcio al danese dell’Inter Christian Eriksen, letteralmente salvato in campo grazie alla presenza del defibrillatore e alle corrette manovre di primo soccorso ricevute con grande tempestività.
Ormai in tutti gli eventi sportivi di alto livello professionale la presenza di un defibrillatore è diventato un obbligo quantomai efficace e utile per salvare vite umane.
Ma già da diversi anni, anche grazie ad episodi analoghi a quello occorso al fuoriclasse della Danimarca, si sta diffondendo tra gli amministratori locali, i club sportivi dilettantistici, gli operatori del turismo la sana consapevolezza dell’importanza di dotarsi di questo dispositivo facile da usare e davvero fondamentale per salvare vite umane colpite all’improvviso da scompensi cardiaci.
Particolarmente significativo è il censimento appena concluso da Areu, la centrale operativa di emergenza-urgenza di Regione Lombardia, dal quale emerge un dato di tendenza molto incoraggiante: in quattro anni i dispositivi sono praticamente raddoppiati, passando da poco meno di 6.400 defibrillatori nel 2017 agli oltre 13.500 attuali. Ad essi va aggiunto un ulteriore 20% di apparecchi automatici non dichiarati.
Dai numeri ufficiali di Areu si evince la presenza di un dispositivo ogni 740 abitanti, con una distribuzione omogenea rispetto alla densità di popolazione delle diverse aree regionali. Sono tanti o sono pochi? Diciamo che numericamente e per distribuzione territoriale sono un buon numero, sicuramente destinato a crescere ancora, visto l’impegno di tante amministrazioni locali a dotarsi e fornire alle associazioni, soprattutto sportive, di dispositivi automatici. Così come le principali mete turistiche, dalle valli della Bergamasca al bacino del Garda si stanno opportunamente attrezzando. Oltretutto, stiamo parlando di oggetti il cui costo si aggira intorno ai 1.200 euro per un buon dispositivo.
Ciò che risulta fondamentale è come sempre, legato al fattore umano.
Infatti due sono gli elementi necessari affinchè il dispositivo salvavita sia efficace: la tempestività dell’intervento e la competenza dell’operatore. Il fattore tempo è decisivo, come dimostra il caso di Eriksen, in quanto di fronte ad un arresto cardiaco (50.000 casi in Italia all’anno) occorre intervenire entro 4 minuti (avendo cura di chiamare immediatamente il 112 perché intervenga subito) per evitare nel 98% dei casi danni cerebrali. Altrettanto decisiva è la conoscenza delle giuste manovre da attivare subito, in particolare il massaggio cardiaco. E’ evidente che queste operazioni per quanto semplici, come semplice è l’uso del defibrillatore, necessitano però di un minimo di formazione e di preparazione anche per evitare che il panico prenda il sopravvento e si vanifichi anche la presenza in loco di un apparecchio disponibile. Per questo sarà sempre più necessario diffondere al massimo dei brevi percorsi di formazione di primo intervento che possono benissimo essere attivati nelle scuole, presso gli enti locali, nei centri sportivi. Il trend rappresentato da Areu ci lascia fiduciosi che sempre più la cultura salvavita possa diffondersi in modo sempre più capillare e consentire attività sportive, turismo ed ogni altra attività anche lavorativa con la tranquillità data dalla consapevolezza di avere “un defibrillatore per amico”.
Pietro Broccanello