Governo: autunno caldo tra pensioni, fisco e reddito di cittadinanza
Che la composizione del governo Draghi avesse i connotati dell’emergenza e fosse una miscela esplosiva era ben chiaro fin dal suo insediamento; pur mantenendo atteggiamenti molto responsabili e istituzionali, le forze politiche nei momenti che contano mettono in mostra le enormi differenze di proposte e di soluzioni per il futuro del Paese. Inevitabilmente.
Non è un caso che l’avvio della manovra d’autunno veda i partiti che sostengono il Governo muoversi in ordine sparso e spesso antitetico sui temi più spinosi dell’agenda economica, vale a dire pensioni, riforma fiscale e reddito di cittadinanza.
La tensione tra i partiti si è già vista nel dibattito su argomenti come le misure per evitare la delocalizzazione delle nostre imprese e le cartelle fiscali, sulle quali gran parte delle forze di maggioranza (centrodestra, IV e grillini) sono per la rottamazione, mentre il Pd spinge per lo stop alla sospensione e l’invio delle cartelle per l’esazione da parte dei contribuenti.
Altro tema caldo è l’ipotesi di riduzione del cuneo fiscale, misura che alleggerirebbe il costo del lavoro e renderebbe più facile assumere e più competitive le nostre imprese sul mercato internazionale. Ma le sfide più delicate riguardano la revisione del Reddito di cittadinanza e il superamento di quota 100, ormai dato per scontato.
Ad alimentare ulteriormente la tensione tra le forze politiche il dibattito sul green pass e sull’obbligo vaccinale sono ulteriori elementi sui quali sarà necessario trovare una intesa.
Per quanto riguarda la manovra di bilancio dalle indicazioni che emergono dalle riunioni preliminari a palazzo Chigi sembra esserci l’intenzione di non procedere con grandi tagli pur mantenendo una discreta capacità di spesa grazie al ritmo con cui è partita la ripresa della nostra economia e alle previsioni di crescita del Pil entro fine anno tra il 5,7 e il 6%. Tra le spese da finanziare con una ventina di miliardi ci sono i nuovi ammortizzatori sociali, la Naspi, quota 100, le misure legate alla crescita e alla sanità, ipotizzando anche il sospirato taglio del cuneo fiscale che graverebbe per circa 2,5 miliardi di euro. Tra gli elementi sicuri nella nuova manovra per i quali occorre valutare la copertura di spesa si ritroveranno il reddito di cittadinanza e la proroga al 2023 del superbonus 110%.
La riforma del fisco dovrà essere presentata entro fine settembre e dovrà guardare sul medio periodo per avere un ritorno significativo; anche in questo caso le ricette delle diverse forze politiche variano dalla dote ai diciottenni del Pd alla flat tax del centrodestra. Rimane, inoltre, all’orizzonte la necessità di una scelta su cuneo fiscale e cartelle esattoriali come ricordato prima.
Anche per il reddito di cittadinanza si prospetta un dibattito morato ad una rivisitazione dello strumento che attualmente costa circa 8 miliardi e che potrebbe essere ridimensionato di un paio di miliardi di costo.
Infine per quanto riguarda le pensioni e gli ammortizzatori, la riforma targata Orlando non convince praticamente nessuna delle forze politiche, in particolar modo per i costi stimati di 8 miliardi. Italia Viva, come anche la Lega e Forza Italia non si sono dimostrati favorevoli al progetto, e la sottosegretaria al MEF Guerra ha suggerito che una buona riforma si può fare anche con 5/6 miliardi di euro. Insomma, probabilmente solo una rivisitazione abbastanza profonda del piano d’interventi e degli scopi potrà portare ad un’intesa tra i vari partiti.