Quota 100: a chi conviene mantenerla?
Con la ripresa dei lavori dopo lo stop estivo, l’agenda politica è ripartita con uno dei temi cruciali in Italia: quota 100.
Come noto, questo istituto è il meccanismo che consente di andare in pensione con almeno 62 anni di età e 38 di contributi. È stata introdotta in via sperimentale fino al 2021, ed entro tale data dovranno essere maturati i requisiti, anche se la domanda di pensione potrà essere presentata anche successivamente
Il dibattito anche fuori dalle aule parlamentari è incentrato a comprendere se e a chi convenga mantenerla, quali le alternative e soprattutto quale prospettiva per il futuro sia sostenibile, tenuto conto dell’incremento della popolazione anziana, dell’aspettativa di vita che va sempre più allungandosi.
Fatto non da poco, poi, è capire chi contribuisce a pagare le pensioni, visto che la popolazione attiva va riducendosi e siamo ormai arrivati a un dato demografico che dice che per ogni persona che lavora (che quindi versa i contributi con cui si pagano le pensioni attuali, non quelle future) ve ne sono due che legittimamente rivendicano il diritto alla pensione dopo gli anni lavorativi.
Sicuramente Quota 100 è conveniente per chi possiede diversi anni di contributi, mentre non è risolutiva per chi di anni di contribuzione ne possiede pochi: affianca, in ogni caso, la pensione di vecchiaia, quindi per coloro che possiedono, ad esempio, 20 anni di contributi, non sussiste alcun rischio di doversi pensionare ad 80 anni (in quanto per arrivare alla quota 100 con 20 anni di contributi sarebbe necessario un minimo di 80 anni di età).
Chi possiede molti anni di contributi può invece continuare a utilizzare la pensione anticipata, che sino al 31 dicembre 2026 si può raggiungere con 42 anni e 10 mesi di contribuzione per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne (dal 2019, la decorrenza è stata però spostata in avanti di 3 mesi, con l’applicazione delle finestre).
Inoltre, non tutti i contributi posseduti possono essere valorizzati per la pensione quota 100: non contano, ad esempio, i versamenti accreditati presso le gestioni previdenziali dei liberi professionisti.
Gli scenari alternativi spaziano dal ritorno al vecchio sistema con la pensione di anzianità, a soluzioni “a scaloni”, introdotta da Maroni e poi subito smantellata da Prodi, ad altre formule ibride che inevitabilmente alimentano un dibattito che deve sempre fare i conti con la classica coperta corta.
Un’ipotesi già in essere in tanti altri Paesi sarebbe l’introduzione di un sistema misto previdenziale pubblico (INPS) e privato (assicurazioni) lasciando libertà di scelta al lavoratore di optare in base ai propri bisogni, ma questo oggi porterebbe a un default del nostro istituto previdenziale nazionale, l’INPS.
Altro elemento dirimente è la ricongiunzione di contributi versati a casse diverse per i lavoratori autonomi: sarà possibile sommare i diversi versamenti o si rischia di perdere parte dei fondi accantonati durante la vita lavorativa?
Quel che è certo, dopo tre anni dall’avvio di quota 100 è che il beneficio permane per una piccola fascia di lavoratori che nella finestra di pochi anni si ritrovano per età anagrafica e anni di lavoro, a beneficiare di una messa a riposo anticipata rispetto al limite di età uguale per tutti.
La sensazione che si vada verso una soluzione ibrida, col rischio di scontentare molti, è forte, soprattutto per l’incertezza di prendere una decisione che potrebbe penalizzare chi sceglie di anticipare il fine lavoro.
Se quota 100 nasce con l’intento di liberare posti di lavoro a vantaggio delle giovani generazioni occorre il coraggio e la capacità di dare stabilità ed equità a un istituto come la pensione, magari optando – come alcune forze politiche evidenziano – per una soluzione che dia flessibilità e spazio a strumenti previdenziali innovativi che garantirebbero benefici per tutti, comprese le casse statali. E’ il momento di innovare, superando un retaggio tutto italiano, senza penalizzare nessuno e garantendo un ricambio generazionale soft, in linea con le aspettative di coloro che hanno contributi col proprio lavoro a garantire gli attuali pensionati e, al contempo, assicurando le nuove forze lavoro sulle proprie prospettive future.
Pietro Broccanello