Cina: Evergrande come Lehman Brothers?
La tradizionale omertà delle autorità cinesi e le indiscrezioni che da sempre l’accompagnano stanno creando non poca apprensione nell’intero mondo finanziario, preoccupato per la minaccia di un possibile nuovo caso Lehman Brothers che nel 2008 causò la grande crisi finanziaria mondiale con lo scoppio della bolla speculativa sul mercato immobiliare americano.
Evergrande, colosso cinese delle costruzioni è in grande affanno, sommerso da oltre 300 miliardi di dollari di debiti e il terrore di un suo fallimento sta scuotendo non solo il mercato finanziario, ma anche decine di migliaia di risparmiatori cinesi che oltre ai soldi temono per il posto di lavoro.
Le autorità cinesi stanno cominciando a prendere in considerazione la situazione e la Consob cinese ha dato indicazione ad Evergrande di non procedere con nuove operazioni immobiliari, ma di concentrarsi sul completamento dei cantieri aperti e agire con la massima cautela sul mercato delle obbligazioni, emesse in dollari con l’impegno di compensarle alle scadenze pattuite.
Indicazioni giuste che non danno però certezze sulla strada che il colosso di proprietà del miliardario Xu Jiayin dovrà seguire per evitare una nuova “tempesta finanziaria”.
Fonti bene informate fanno sapere che le autorità cinesi, dopo l’incontro con i vertici del gruppo immobiliare, avrebbero allertato i governi delle province per prepararsi al peggio, ovvero intervenire con risorse pubbliche per tamponare le conseguenze del possibile default.
Difficile non paragonare lo stile comunicativo cinese su questa vicenda a quanto accaduto per la pandemia iniziata a Wuhan: dal silenzio totale si passa alla timida ammissione fin quando l’esplosione del fenomeno diventa talmente evidente da non poterlo più negare.
Da quel che si può comprendere, le autorità cinesi si stanno preparando a gestire la reazione di centinaia di migliaia di cinesi possessori di quote obbligazionarie o che hanno già pagato case che non potranno più avere in caso di crac. Stiamo parlando di oltre 1,3 milioni di unità immobiliari già pagate e non ancora terminate a causa del fermo dei cantieri di Evergrande.
Difficilmente le rassicurazioni di Xu Jiayin potranno calmare la furia di tante persone che potrebbero arrivare a gesti di contestazione clamorosi.
La stampa cinese ovviamente glissa sul tema, impegnata nella classica propaganda di partito, ma questa volta potrebbe non bastare.
Le conseguenze a livello finanziario sono già evidenti. Il titolo di Evergrande da inizio anno è crollato dell’85% e la Banca centrale di Pechino è intervenuta con immissione di liquidità per circa 18 miliardi di dollari per evitare l’immediato default, dopo tre precedenti interventi altrettanto pesanti.
Per comprendere la portata della minaccia basti pensare che il passivo complessivo del gruppo immobiliare equivale al 2% del PIL cinese, una enormità destinata a sconvolgere l’economia cinese se non frenata immediatamente. Le leggi cinesi, oltretutto, pongono limiti temporali molto corti e vincolanti, ma è probabile che dato lo scenario decideranno di concedere più tempo per salvare il salvabile e alleviare i danni e le preoccupazioni degli investitori.
Quando ancora la seconda economia mondiale è impegnata a ricostruire sulle macerie causate dal Covid, questa “tempesta finanziaria” rischia di mettere in ginocchio Pechino che dovrà per forza rivedere la propria linea politica con cui aveva indicato la volontà di porre fine alla «crescita disordinata del capitale».
Quale decisione prenderà la politica cinese ancora non sappiamo, ma la scelta obbligata è tra rinnegare la promessa fatta agli elettori o abbandonarli alla disperazione e agli inevitabili disordini prevedendo che milioni di cinesi non abbiano altra scelta che quella di scendere in piazza.
Ogni scenario è possibile, come la storia insegna.
Pietro Broccanello