Allarme Unione Artigiani: ordini in crescita ma i magazzini sono vuoti
La crisi delle materie prime spinge i costi di produzione e congela le assunzioni. Fatture più care al cliente del 20% per poter sopravvivere.
Portafoglio ordini gonfio ma con magazzini vuoti e assunzioni congelate. A lanciare l’allarme è Unione Artigiani dopo l’analisi dei risultati di un’indagine condotta tra 300 imprese associate, dalla quale emerge che la mancanza di materie prime sta provocando un’impennata dei costi di produzione per la totalità delle aziende, l’aumento a doppia cifra dei prezzi per i clienti con gravi ritardi nelle consegne e il congelamento del turnover dei lavoratori.
Una situazione che desta forte preoccupazione per le difficoltà cui stanno andando incontro numerose filiere, in particolar modo quelle legate all’edilizia e al settore metalmeccanico. Un’impresa su due, infatti, ha già stabilito un aumento dei listini stimato in media tra il 10% e il 20%. Impossibile porre un freno all’ascesa dei valori di bollette e forniture: materie prime e semilavorati si trovano col lanternino o con prezzi fuori controllo e intrattabili, da prendere o lasciare, come accade per l’energia e carburanti.
Le risposte alle domande sottoposte agli artigiani confermano uno spaccato già noto e individuano nuovi scenari di crisi di alcuni settori. Metalmeccanica ed edilizia in primis si ritrovano con decine di aziende alla caccia di materiali come ferro, acciaio, alluminio, ponteggi, pannelli per cappotti termici, prodotti per gli arredi a partire del legno, serramenti, e la lista potrebbe proseguire ancora a lungo. Ci sono meccanici e installatori/impiantisti che fanno fatica a trovare prodotti per l’elettronica come ricambi e componenti auto, minuteria compresa. Iniziano a scarseggiare anche resine, carte e cartoni, perfino guanti, mantelle e prodotti per sterilizzare. Nell’alimentare, poi, è già allarme per alcune scorte di prodotti naturali e artificiali. Sul banco degli imputati per costi e ritardi nelle forniture finiscono, per il 65% del campione, filiere italiane o UE, il resto risulta in gran parte (28%) connesso con le difficoltà di approvvigionamento delle imprese cinesi o dell’estremo oriente.
In questo scenario, fino a che le forniture arriveranno a singhiozzo o avranno costi insostenibili per le imprese, sono attese ripercussioni anche sul fronte occupazionale. I nuovi contratti di lavoro sono congelati o a tempo determinato. Le nuove assunzioni – per metà apprendisti – nelle aziende alle prese con la crisi da materie prime compenseranno il turnover anche se resta alta l’attenzione per intercettare personale specializzato non appena il mercato delle materie prime tornerà regolare.
“Non ci sono alternative: le nostre imprese devono attraversare anche questo ennesimo mare in tempesta, all’interno paradossalmente di un quadro di domanda elevata”, è il commento del Segretario Generale di Unione Artigiani, Marco Accornero, davanti allo scenario emerso dall’indagine che però evidenzia la resilienza delle imprese interessate, con solo un 2% a rischio di chiusura. “Un fatto inedito per l’economia italiana ma che potrebbe scatenare una ripresa dell’inflazione – ha concluso -. Attediamo le mosse del Governo ma siamo fortemente preoccupati sui tempi necessari per ottenere un raffreddamento dei prezzi.”
Micol Mulè