Crisi ucraina: il vertice Berlino-Parigi e la posizione degli USA
Tra ieri e l’altro ieri si è tenuto il vertice tra il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz per discutere della crisi in Ucraina.
Tra gli argomenti in agenda, la presidenza francese del Consiglio dell’Unione Europea e quella tedesca del G7, ma a dominare la discussione tra i due capi di Stato è naturalmente la questione ucraina, viste le crescenti preoccupazioni per una possibile invasione della Russia.
Da entrambe le parti è emersa la volontà di avviare un dialogo con Mosca per evitare un’altra escalation, cercando di risolvere la crisi per vie diplomatiche, ma al contempo è stata ribadita a chiare lettere la richiesta di chiarezza rivolta al Cremlino, minacciando “gravi conseguenze” nel caso di una concreta invasione russa.
Durante la conferenza stampa a margine del vertice, il cancelliere Scholz ha difeso la posizione presa dalla Germania durante la crisi, specialmente riguardo allo scottante tema della fornitura d’armi in Ucraina.
Secondo il cancelliere, infatti, la Germania avrebbe contribuito non poco allo sviluppo economico e democratico in Ucraina, sostenendolo attivamente e in varie forme. Affermazioni, queste, che giungono a seguito del rifiuto tedesco di inviare armi “difensive” all’Ucraina, decisione criticata dal ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba, secondo il quale tale mossa starebbe incoraggiando un’azione bellica da parte del presidente russo Vladimir Putin.
Come riporta l’agenzia di stampa tedesca Deutsche Welle, d’altronde, la questione delle esportazioni di armi rappresenta un punto estremamente critico per la Germania, in particolar modo a seguito della seconda guerra mondiale. La normativa tedesca infatti esorta il Paese ad evitare esportazioni d’armi in zone di conflitto, anche se non mancano i critici che ribadiscono che tali linee guida non sarebbero sempre rispettate dall’esecutivo tedesco.
Sull’altro fronte, il capo dell’Eliseo Macron ha esortato l’Europa a dialogare separatamente con la Russia, cercando di mantenere un “fronte unito” verso una risoluzione diplomatica del conflitto, piuttosto che fare troppo affidamento sugli Stati Uniti.
8.500 soldati americani sono infatti stati messi in stato d’allerta dal presidente Biden per un eventuale dispiegamento nell’Europa Orientale nel caso in cui la Russia facesse la prima mossa. Un clima non propriamente tranquillo, insomma.
Le tensioni tra Russia e Stati Uniti peraltro sono tornate alle stelle dopo che il Cremlino, durante la fine del 2021, ha iniziato a dispiegare circa 100mila soldati lungo il confine ucraino, circondando il Paese confinante da Est, Nord e Sud. Inoltre ha annunciato per febbraio delle esercitazioni congiunte con la Bielorussia e ha già cominciato ad inviare sistemi missilistici in Bielorussia, stringendo ulteriormente l’Ucraina da Nord.
Mosse, queste, che non possono in alcun modo passare inosservate, anche se la Russia nega di stare pianificando un’invasione e si difende chiamando in causa il rafforzamento militare a Est, come dimostrazione che essa sarebbe l’obiettivo, anziché l’agente, dell’aggressione.
Sebbene il ministro della Difesa ucraino, Alexei Reznikov, abbia detto che allo stato attuale una minaccia reale di invasione russa “non esista”, e che Macron stesso abbia riportato esiti “positivi” tra i contatti russo-americani, la situazione è tutt’altro che stabile e di certo non particolarmente pacifica. Saranno senz’altro necessari dei colloqui diplomatici tra i vari capi di stato e Putin, a cominciare dal presidente Macron che dovrebbe incontrarlo questo venerdì 28 gennaio.
Pietro Broccanello