Due anni e non sentirli
Il 14 febbraio 2020 veniva pubblicata la prima edizione dell’Informatore. Non eravamo ancora un giornale, ma confidavamo che in poche settimane gli uffici competenti avrebbero sistemato la situazione. Qualcuno parlava di una strana malattia proveniente dalla Cina, ma la scienza ci rassicurava: non c’erano più grandi pandemie da un secolo, perché preoccuparsi? Ecco, sappiamo tutti com’è andata a finire. Beh, innanzitutto siamo diventati ufficialmente un giornale solo otto mesi dopo. E il primo semestre è stato… diciamo difficile. Il nostro sogno era quello di girare tra le imprese manifatturiere che ancora resistevano, andando a trovare le storie sul campo. La nostra realtà è stata quella di raccontare le misure che chiudevano, in preda al panico, chi produceva. Con i risultati che tutti abbiamo potuto vedere.
Non ci siamo scoraggiati, in ogni caso, e abbiamo perseverato. Come ognuno di voi. E grazie alla realtà sana e forte che ci stava dietro, il Circolo delle Imprese, siamo cresciuti. Il nostro metodo di distribuzione, non unico al mondo, ma sicuramente molto funzionale, ci ha consentito di raggiungere il nostro pubblico di riferimento. Un pubblico non facile, perché oggi a fare impresa è rimasto quasi solo il meglio di questa nazione. Persone che non hanno paura delle sfide, che non ha tempo da perdere e che chiede contenuti e idee. Li chiede profondi, ma di facile approccio. E non si accontenta di compromessi.
Per la nostra redazione è stata una grande sfida, raccontare un paese impaurito prima, speranzoso poi e infinitamente arrabbiato infine. Qualcosa si è rotto nella narrazione proprio all’ultimo miglio, quando ce la stavamo per fare. È un po’ una tradizione italiana: risultati straordinari nei momenti difficili, cui seguono lunghissime guerre civili, perlopiù sul nulla. Abbiamo visto anche questo, ma abbiamo deciso di non perderci nella palude. I dati sono sempre stati riportati. Le polemiche, invece, sono state ignorate. Per fortuna siamo anche tornati a parlare di aziende, eccellenze e buona politica. La linea che ci eravamo dati, far raccontare l’impresa dall’impresa, non è mai cambiata. Ha solo integrato l’esigenza dell’impresa di trovare un bandolo nella matassa normativa.
Cosa ci aspetta nei prossimi mesi? Il rimbalzo c’è stato. Ma una volta usciti dal baratro, il deserto attorno resterà la solita desolazione senza vita. I problemi della nazione (costi, burocrazia, spesa improduttiva, ipertrofia dello Stato) non si sono spostati di un metro. Rischiamo, inoltre, un long covid occupazionale che sta già colpendo le aziende. Mancano i tecnici. Mentre la propaganda di alcuni accusa gli imprenditori di non pagare abbastanza, la realtà ci dice che due anni di permesso di oziare hanno devastato un mercato del lavoro che dava segni di cedimento anche prima. Ed in un paese in cui lavorano 23 milioni di persone su 60 è una tragedia al rallentatore.
In questa foschia ardono più luminose le eccellenze dei nostri territori, eccellenze che cerchiamo di documentare sempre meglio e più estesamente. Per farlo abbiamo, ancora una volta, bisogno di voi. Delle vostre storie, delle vostre esperienze, delle gioie e dei dolori. E anche, con moderazione e sempre propositivamente delle vostre grandi arrabbiature. Spesso le PMI vengono ignorate perché non si fanno sentire. Nel nostro piccolo, far conoscere le vostre storie era e resta l’obiettivo di questo foglio digitale.
Un grazie di cuore da parte della redazione, del Direttore e del Circolo delle Imprese a tutti voi, gentili lettori che, come diceva Indro Montanelli, siete i soli nostri veri padroni.
Luca Rampazzo