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    SUPERBONUS 110%/ Il provvedimento “modello” per lo spreco di risorse pubbliche

    SUPERBONUS 110%/ Il provvedimento “modello” per lo spreco di risorse pubbliche
    La vicenda del superbonus al 110% potrebbe ispirare la redazione di un manuale su come utilizzare nel peggiore dei modi le risorse pubbliche
    di Natale Forlani (le opinioni espresse dai nostri commentatori non rispecchiano necessariamente la linea del giornale, ma vengono portate nel rispetto del pluralismo e di una più ampia visione di ogni tema)
    La vicenda dei superbonus per le ristrutturazioni abitative potrebbe ispirare la redazione di un manuale che illustra i comportamenti da mettere in atto per utilizzare nel peggiore dei modi le risorse pubbliche. A partire dalla trovata diabolica di mettere a carico dello Stato il 110% delle spese sostenute dai cittadini per migliorare la tenuta antisismica ed energetica delle proprie abitazioni con una valorizzazione del loro patrimonio e una riduzione dei costi delle bollette energetiche.
    Un’iniziativa di chiaro stampo populista, con l’immancabile ‘ambientalismo naif che sta facendo strage del buon senso anche su altri versanti. Accolta con entusiasmo dalle associazioni degli imprenditori e dei professionisti reduci da lunghi anni di recessione del settore delle costruzioni, e dal sostegno di numerosi esperti che cercavano affannosamente di dimostrare che i vantaggi generati dall’intervento per la comunità nazionale superavano di gran lunga i costi sostenuti dallo Stato.
    La decisione di autorizzare una detrazione fiscale superiore alle spese sostenute ha vanificato alla radice il modello delle detrazioni parziali per le ristrutturazioni basato sul conflitto di interessi tra i committenti e i fornitori. Una modalità ampiamente collaudata, anche per la finalità di contrastare il lavoro sommerso, e che consentiva di ottenere il doppio risultato di calmierare i costi degli interventi e di aumentare l’attenzione dei committenti sulla qualità delle prestazioni.
    La possibilità di caricare integralmente i costi delle prestazioni sulla Pubblica amministrazione ha generato un relativo disinteresse dei committenti rispetto al valore dei contratti stipulati, e a sovrastimare i costi delle prestazioni detraibili fiscalmente per compensare l’esecuzione di altri interventi.
    Per evitare questo rischio l’amministrazione pubblica ha introdotto una serie di vincoli per stabilire dei limiti di prezzo, per le tipologie di materiali e per le esecuzioni delle singole opere, in aggiunta ai massimali stabiliti per le detrazioni, accompagnando il tutto con asseverazioni, certificazioni obbligatorie preventive e a posteriori da parte di professionisti. Una mole incredibile di adempimenti, molti dei quali sono stati fatti oggetto di revisioni legislative nei tempi successivi, che hanno comportato lunghi mesi di attesa per chiarire agli operatori e agli intermediari finanziari le modalità di attuazione, e aumentato in modo esponenziale i costi indiretti delle ristrutturazioni.
    Il richiamo dei superbonus e le possibilità di scaricare i costi sullo Stato hanno scatenato, come ampiamente prevedibile, una sorta di tempesta perfetta nel settore delle costruzioni: gli aumenti dei prezzi dei materiali e delle forniture che hanno rapidamente vanificato i massimali dei costi imposti dalla stessa amministrazione, la difficoltà a reperire i materiali, le subforniture e le risorse umane per l’esecuzione delle opere, l’allungamento dei tempi di esecuzione per l’esigenza di espletare le procedure burocratiche e per l’insostenibilità dei capitolati originali.
    Per ampliare l’utilizzo dei superbonus la normativa ha generalizzato la possibilità per i committenti di cedere il credito d’imposta alle banche o alle imprese fornitrici tramite lo sconto in fattura. Il tutto per consentire ai committenti di poter recuperare immediatamente il valore della spesa senza incorrere nei vincoli della capienza fiscale delle proprie dichiarazioni dei redditi, trasferendo parte dei benefici (circa il 10-12% del valore delle detrazioni) agli intermediari finanziari o alle imprese fornitrici, a loro volta autorizzati/e a cedere il credito d’imposta.
    Questa possibilità è stata ampiamente utilizzata, al punto di attivare una catena di trasferimenti dei crediti tale da interdire la capacità di controllo e di recupero delle eventuali somme indebitamente erogate, a seguito dei controlli operati da parte della Pubblica amministrazione.
    Le cronache di questi giorni raccontano di un potenziale di 4 miliardi di euro per truffe collegate a fatture emesse per remunerare prestazioni non effettuate, la quotidiana apertura di imprese improvvisate, di cantieri aperti privi delle più elementari misure di sicurezza e con l’esecuzione applicativa delle opere previste. Con quali conseguenze?
    La sommatoria dei costi di intermediazione per la cessione del credito d’imposta, dei costi relativi alle certificazioni di varia natura rilasciate dai professionisti e dell’aumento dei prezzi delle prestazioni ha ridotto del 40% i potenziali benefici del superbonus per i committenti. In pratica riportando i vantaggi reali delle detrazioni sui livelli di quelle precedenti per risparmio energetico e per l’adeguamento sismico delle abitazioni.
    Infatti, non sono pochi i cittadini che di fronte alle complicazioni burocratiche e ai costi delle stesse hanno scelto di utilizzare le vecchie detrazioni rimaste in vigore.
    In parallelo si è ridimensionato il rapporto tra il capitale erogato dallo Stato e i risultati ottenuti per gli obiettivi sismici e di risparmio energetico, che risultano molto al di sotto di quelli ottenuti dalle precedenti detrazioni. Ma nel contempo la spesa pubblica è esplosa tanto da essere considerata insostenibile per i prossimi anni, come ha dichiarato in più occasioni il ministro dell’Economia Daniele Franco. Allo stato attuale gli impegni di spesa risultano superiori ai 30 miliardi per ottenere migliorie sullo 0,8% del patrimonio residenziale italiano. Un’evidenza che ha portato il Governo a cercare di ridimensionare l’intervento in termini di riduzione delle prestazioni detraibili e di durata temporale delle stesse, a partire dalla Legge di bilancio 2022, e con un recente decreto che ha limitato la possibilità di cedere ulteriormente il credito d’imposta da parte degli intermediari finanziari.
    Queste novità hanno scatenato le reazioni delle forze politiche e del mondo delle imprese e non solo per il venir meno delle aspettative che erano state sollecitate. La combinazione tra la lievitazione dei prezzi, i ritardi di esecuzione dei lavori e i vincoli contrattuali assunti con le vecchie regole rendono oggettivamente difficile introdurre novità che non comportano conseguenze negative sulle attività in corso.
    L’impossibilità di cedere ulteriormente i crediti d’imposta sta comportando seriamente il rischio di paralizzare l’utilizzo dello strumento, già complicato per via dei sequestri preventivi operati dalla magistratura per circa 2 miliardi a seguito delle indagini sulle truffe praticate da organizzazioni criminali. Le Poste e altri istituti bancari hanno bloccato l’attuazione del provvedimento lasciando in una specie di limbo i committenti e le imprese che lo hanno utilizzato.
    In pratica siamo di fronte a un provvedimento che istiga a delinquere, ma comunque costretto a convivere con le sue magagne per non generare conseguenze ancora più negative. Per l’ennesima volta il Governo ha annunciato delle correzioni al provvedimento, ma il livello di affidabilità di questi provvedimenti è ormai ridotto al lumicino.
    Due considerazioni finali. Il superbonus, nonostante le contraddizioni evidenziate, ha oggettivamente offerto un contributo alla ripresa dell’economia e dell’occupazione, ma con riflessi che hanno messo in rilievo le debolezze delle tecnocrazie pubbliche, dei sistemi di controllo, delle organizzazioni delle imprese e, più in generale, la carenza di risorse umane adeguate nel mondo delle professioni e del lavoro dipendente.
    Questo è solo un piccolo spaccato di quanto sta avvenendo nel complesso degli investimenti pubblici e per la messa in opera delle risorse del Pnrr. Non sono criticità rimediabili nel breve periodo. Nemmeno con l’auspicio introduzione di nuove competenze nelle pubbliche amministrazioni resa difficile, e non poteva essere diversamente, dalla carenza di competenze adeguate nel mercato del lavoro.
    Il rischio di non utilizzare al meglio le risorse del Pnrr e, nel peggiore dei casi, di spendere per sovvenzionare organizzazioni obsolete è molto elevato. Per evitare guasti ulteriori bisogna prenderne atto, migliorare la valutazione dell’impatto dei singoli interventi e dimensionare gli obiettivi alla ragionevole possibilità di realizzarli.

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